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Don Milani e il suo “I care”. La Marcia Barbiana Assisi 2021

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Don Milani e il suo "I care". La Marcia Barbiana Assisi 2021

La complessità del messaggio dell’ I care di Don Milani

Si fa presto a dire I Care.

Ormai è diventato un motto pacifico, conciliativo, unificante, da chiunque pronunciabile senza complicazioni e conseguenze. Purtroppo però questo è l’esatto opposto di ciò che esso ha significato nella carne viva dell’esperienza della scuola di Barbiana e nell’insegnamento laico di don Lorenzo Milani. Il suo I care è oppositivo, divisivo, militante, combattivo. Implica schierarsi, mettersi in gioco, prendere parte.

Ricordiamo che oltre che nella parete della scuola arrampicata sulla montagna del Mugello, don Lorenzo la imprime a caratteri di fuoco nella sua Lettera ai Giudici, inviata a sua difesa dall’accusa di istigazione a delinquere a mezzo stampa. Il priore aveva infatti pubblicato sul settimanale Rinascita una lettera in risposta ai cappellani militari toscani che in un comunicato dell’11 febbraio 1965 avevano dichiarato un “insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà”. È bene contestualizzare quell’I care, altrimenti non si capisce niente e si lascia spazio allo svuotamento dei suoi contenuti più rivoluzionari rendendolo innocuo.

I care per la formazione di una coscienza pacifista

Sugli atti di quella vicenda raccolti nel libro “L’obbedienza non è più una virtù” si è formata molta parte della coscienza pacifista che ha portato milioni di italiani a impegnarsi contro i tanti conflitti: le “guerre giuste” e quelle ingiuste che hanno tempestato gli ultimi 70 anni di “pace” dopo il secondo conflitto mondiale; ma anche le Costituzioni democratiche che, come la nostra, hanno ripudiato la guerra. Allo stesso tempo su quella vicenda si sono fondate leggi civili, come la L.772 del 1972 che rese legittima l’obiezione di coscienza; o anche la L.185 del 1990 che ha tentato di inserire elementi di trasparenza e di limitazioni al commercio di armi.

Per don Milani quell’I care è fonte del dovere morale che come sacerdote, come insegnante e come cittadino gli imponeva di non tacere. Cioè di reagire all’ingiustizia, sentirsi “responsabile di tutto”, tutelare le libertà fondanti la nostra Costituzione, prime fra tutte quelle di parola e di stampa.

I care. Da opposizione al fascismo all’egoismo narcisista di oggi

I care è prima di tutto opposto al “Me ne frego” fascista. La differenza sostanziale di questa opposizione di ideologie sembra svaporare oggi. Per molti esponenti che siedono in Parlamento e anche nel Governo, infatti, raccogliere e portare i simboli dell’ideologia fascista nelle aule delle istituzioni in cui sono entrati giurando sulla Costituzione nata dalla lotta antifascista sembra non costituire più un problema.

Ma non vi è forse qualcosa di più profondo che è maturato negli ultimi 30 anni di vita della nostra Repubblica nella cultura degli italiani? L’egoismo proprietario, l’individualismo edonista, lo smarrimento di ogni senso di responsabilità verso il bene comune anche quando si rivestono incarichi pubblici, la solidarietà ormai assurta a disvalore, “prima gli italiani”.

È una spesso inconsapevole riproposizione di stilemi dell’ideologia del “Me ne frego” fascista che si è fatta avanti negli ultimi decenni. Anche in segmenti insospettabili della società italiana.

Il sindacato non accetta forse talvolta lo scambio fra posti di lavoro nelle fabbriche di armamenti qui e l’uso di quelle armi in scenari di guerra a noi lontani? È la risposta semplice, mentre quella complessa richiederebbe un serio impegno per la riconversione produttiva dal militare al civile. D’altra parte ancora pochi rinunciano a investimenti individuali remunerativi magari in settori dannosi per l’ambiente e i diritti umani per investimenti più pazienti e ad impatto ambientale e sociale più basso. E ancora meno sono quelli che si domandano se i vestiti che indossano o il cibo che mangiano non provenga da una filiera in cui migliaia di esseri umani sono sfruttati e trattati come schiavi o molte risorse ambientali vengono sprecare e bruciate.

I care di Don Milani significa fare una scelta

Quell’I care milaniano esige una scelta, scomoda spesso, di prendere parte, di opporsi attivamente a questo impercettibile eppure inesorabile scivolamento nel “Me ne frego”. Non è un pacificante ed ecumenico Siamo tutti più buoni.

Marciare da Barbiana ad Assisi vuol dire assumere la piena consapevolezza di tutte le conseguenze delle scelte di Lorenzo e Francesco. Vuol dire scegliere la parte degli ultimi e lottare contro le diseguaglianze, che invece crescono nel civile mondo sviluppato; dialogare, vestiti solo di se stessi e non dell’armatura delle certezze della cultura occidentale, con il Sultano, perché solo così è possibile costruire la pace; essere e sentirsi parte del creato, dell’ambiente e non sfruttarlo come se non vi fosse un domani.

I care e l’assunzione del dubbio

E, naturalmente, l’I care implica il dubbio e la responsabilità che includono gli altri nelle nostre prospettive. Il “Me ne frego” potrebbe anche paradossalmente essere dei pacifisti assoluti: “io sono contro la guerra. Ogni guerra. E quindi chi se ne frega di assumersi la responsabilità di difendere gli innocenti dalla violenza degli oscurantisti signori della guerra e della violenza”.

Non abbiamo risposte facili a questi dilemmi, neppure quella del No assoluto all’esercizio della forza.

Ma Lorenzo Milani indica la strada della coerenza con l’articolo 11 della Costituzione: non vi sono state guerre in regola con quell’articolo e l’esaltazione dell’idea di Patria (con il suo corollario di confini, inni nazionali, bandiere, eserciti, retorica) non è altro che la premessa necessaria di quelle guerre (anche in tempo di pace). La vicenda dei Balcani alla fine del secolo scorso si è incaricata di ricordarci quanto pericolosa possa essere l’idea di Patria.

Ma se don Milani vedeva nella guerra di Liberazione dal nazifascismo l’unica guerra giusta, dovremo alla fine assumerci tutta la responsabilità di dar corpo, con coraggio, al secondo comma dell’articolo 11: l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ovvero, rinuncia a quote di sovranità, assume una accezione cedevole di idea di sovranità e di Patria per tutelare i diritti umani ovunque nel mondo.

Non vi era bisogno quest’anno di cercare nel Covid-19 un motivo nuovo per la Marcia Perugia-Assisi: purtroppo il dramma afgano ripropone tutti interi questi nodi difficili ai movimenti per la pace e la giustizia.

L’obbedienza non è più una virtù

Infine, l’obbedienza non è più una virtù, “ma la più subdola delle tentazioni”. Così prosegue don Lorenzo nel testo. Ovvero siamo tutti responsabili di tutto. Ho sempre sofferto di fronte a questa parte della Lettera di don Lorenzo ai giudici.

L’ho interpretata come la riproposizione del dramma di Sofocle Antigone, nel più drammatico dei secoli, il Novecento. A quali leggi dobbiamo obbedienza? Antigone sente il dovere dell’obbedienza alla “leggi non scritte” fino alla disobbedienza alle “leggi scritte”.

E in fondo a questo “classico” dilemma si richiama don Lorenzo. È un tema che investe la libertà della persona. Può sembrare un dilemma semplice: chi è “nobile” sceglie la legge non scritta anche a prezzo della vita; chi non lo è, sceglie di vivere nella legge degli uomini come fosse quella universale. Ma vi è un margine aperto fra l’io, la sua libertà e il noi, il destino della comunità. A Tebe allora, come qui oggi, il problema aperto è come e fin dove si può spingere il governo degli uomini? Quale deve essere il patto che li lega e quale limite questo patto non può varcare? Quale è il rapporto fra autorità e consenso?

È il problema della politica. Quello che tutti noi che marceremo da Barbiana ad Assisi non possiamo evitare perché la responsabilità non si diluisce se condivisa fra milioni di persone. Come scriveva don Lorenzo:

“Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio di corresponsabili diretti… Ognuno di essi ha tacitato la propria coscienza fingendo a se stesso che quella cifra andasse a denominatore. Un rimorso ridotto a millenni non toglie il sonno all’uomo di oggi. …C’è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”.

 

Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica

È online il nuovo Bilancio Sociale 2020 di Fondazione Finanza Etica

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Bilancio Sociale 2020

Scarica il Bilancio Sociale 2020

 

Il Bilancio Sociale per noi non è moda, ma operazione di trasparenza

 

Redigere un bilancio sociale, per una fondazione culturale, non può essere un mero adempimento formale o tanto meno una “moda” oggi canonizzata dalle norme europee sulla responsabilità sociale d’impresa. Per noi, invece, è un modo di dare attuazione a un valore costitutivo della finanza etica: la trasparenza.

Il Manifesto della finanza etica, infatti, la qualifica come trasparente,. E chiarisce:

“L’intermediario finanziario etico ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il rapporto trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento dell’istituzione finanziaria e le sue decisioni di impiego e di investimento. Sarà cura dell’intermediario eticamente orientato mettere a disposizione gli opportuni canali informativi per garantire la trasparenza sulla sua attività”.

La trasparenza non è esplicitamente contemplata come principio costituzionale. Tuttavia la Corte Costituzionale vi ha più volte fatto riferimento per costituire, in via ermeneutica, la base di molte leggi e norme a tutela dei diritti dei cittadini nei confronti dell’Amministrazione, fondandone così la garanzia giurisdizionale. Così non è improprio scorgere in questo strumento tecnico – il bilancio sociale – un riverbero del modo di essere delle organizzazioni (non solo pubbliche) che nella Costituzione trova ispirazione.

 

Il Bilancio Sociale parla di una pluralità di portatori di interesse

Ma se la trasparenza è un modo di essere e non solo di agire, allora il bilancio sociale è uno strumento per guardarsi dentro e provare a interpretarsi con un paradigma diverso da quello tradizionale e un po’ desueto dell’impatto economico. Che è indubbiamente il parametro con cui per lo più le imprese, le organizzazioni, ma sempre più, purtroppo, anche gli enti pubblici tendono a misurarsi.

“Dato il patrimonio o il capitale a disposizione, quanta ricchezza ho prodotto durante lo scorso anno? E a chi la ho distribuita?”.

Domanda più che legittima. Anzi direi quasi scontata, ovvia. Tipica però di uno shareholder, di colui che possiede l’impresa.

Ma il punto di vista dello stakeholder, di colui che è portatore di un interesse non necessariamente economico nei riguardi dell’organizzazione è diverso, più articolato, diciamo pure più complesso.

Una corretta visione della funzione del bilancio sociale dovrebbe rispondere a questa pluralità di portatori di interesse che, per noi della finanza etica, sono anche e soprattutto portatori anche di valori. E dovrebbe misurarsi su questa difficile e complicata frontiera.

Questo abbiamo tentato di fare nel nostro primo bilancio sociale, quello delle attività svolte nel 2020. Che deve essere letto come un prototipo, con il quale iniziamo a disegnare la fitta rete di portatori di interesse e valori con cui questa piccola fondazione costruisce quotidianamente relazioni e progetti. E che ne determinano l’identità, appunto complessa e multiforme.

 

La nostra immagine, sempre in movimento.

 

In questa prima edizione del bilancio sociale ci siamo osservati e descritti attraverso gli occhi di chi nella fondazione lavora (lo staff, fatto di lavoratrici e collaboratori) e di chi ne determina gli indirizzi e la governa (il Consiglio d’Indirizzo). Abbiamo così avuto l’occasione per riflettere sui risultati di un anno di lavoro, ma anche sulle difficoltà e i limiti registrati in questo periodo, peraltro caratterizzato dalla pandemia.

È sempre così in ogni costruzione umana: siamo ineluttabile imperfezione, a differenza degli algoritmi a cui sempre più tendiamo ad affidare le nostre scelte nella pericolosa illusione di raggiungere la perfezione attraverso una versione artificiale della nostra intelligenza. È proprio, invece, soltanto la nostra fallace, ma unica, intelligenza che ci fa scartare di lato e scegliere strade diverse da quelle fin troppo note.

Così, da questo primo prototipale Bilancio Sociale 2020, abbiamo colto il bisogno di misurare meglio il nostro impatto, non espresso soltanto in termini economici, su una più ampia platea di stakeholder: lo faremo con il Bilancio Sociale 2021. Ma l’apertura, la trasparenza resteranno il tratto distintivo di questo work in progress. Niente operazioni di marketing, effetti speciali e grafiche spettacolari: solo quel che serve per capire. Cipria e belletto servono a mascherare il vero volto delle cose. Ma alla fine non funzionano perché il trucco si scioglie, si deteriora e mostra il volto cadente e consunto dietro la maschera.

Noi abbiamo scelto di indagarci e rappresentare le cose come sono. Che è, insieme, la condizione per conoscersi, cambiare direzione e dare un senso al nostro esserci. Questo senso per noi è quello di essere sempre in cammino, in cerca di (nuovi) orizzonti.

A Pitagora chiedevano “perché l’uomo è al mondo”; lui rispose “per osservare il cielo”. Questa sarebbe la nostra maggiore ambizione, anche attraverso il bilancio sociale.

 

Simone Siliani

Direttore Fondazione Finanza Etica

Graduatoria Servizio Civile – Toscana

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graduatoria servizio civile toscana

Pubblichiamo la graduatoria per il progetto di Servizio Civile – Educarci ad un approccio critico e ad un uso responsabile del denaro – FINANZIATO CON IL FSC 2014-2020.

In base alla valutazione dell’idoneità dei candidati allo svolgimento dello specifico progetto di servizio civile, sulla base del cv e di un colloquio, l’ente ha stilato la graduatoria dei candidati qui di seguito riportata.

La graduatoria è definitiva, fatte salve le verifiche di competenza dell’ufficio regionale per il Servizio Civile.

 

È possibile visionare la graduatoria >QUI<

 

La stagione assembleare 2021

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la stagione assembleare 2021

 

Seguire la stagione assembleare 2021. Ovvero di grandi noie e qualche buon risultato

In tempi di Covid l’azionista critico è come un ghepardo in gabbia, costretto a guardarsi a ripetizione documentari sulle gazzelle che sfrecciano nella savana. Con la differenza che almeno si può fare qualche inseguimento per procura. È quello che è successo anche nella stagione assembleare 2021, che si è conclusa da poco. 

Pur essendo tutti parte di una grande famiglia europea, ogni Paese ha però le sue usanze. E così in Italia le assemblee degli azionisti non sono state trasmesse nemmeno a distanza. Se ne è avuta notizia dalle convocazioni, se ne sono lette appassionate cronache sui verbali. Ma le porte erano chiuse e le telecamere spente. E agli azionisti non è restato che spedire domande scritte e attendere, pazienti, le risposte. 

In Germania, invece, si è potuto seguire i lavori in diretta dallo schermo del computer, ma senza interagire. Alle domande scritte, inviate con largo anticipo, sono seguite risposte orali. Da appuntare a mano, con l’uso di una penna o di un lapis, per cancellare agevolmente eventuali errori, visto che ogni registrazione è vietata e le imprese tedesche non sono avvezze a pubblicare verbali. 

In Svezia non si sono persi l’ennesima occasione per dimostrarsi più cool di tutti gli altri: assemblee in streaming e possibilità di interagire in diretta via chat. Però solo se si capisce lo svedese, perché non sono previste traduzioni né sottotitoli in altre lingue. Inte för allt smör i Småland, che letteralmente significa “neanche per tutto il burro dello Småland”, e cioè tutto l’oro del mondo. 

E visto che i mezzi per garantire la partecipazione virtuale hanno lasciato a desiderare, ci siamo organizzati con le contro-assemblee online, dove in assenza di contraddittorio abbiamo potuto suonarci e cantarci i nostri stornelli preferiti. Con un pubblico peraltro molto superiore a quello che generalmente frequenta le assise ufficiali. 

 

A furia di “rompere”, si aprono crepe durante la stagione assembleare 2021

Non sono mancate, però, le soddisfazioni. Come quando il colosso della moda H&M ha ceduto e ci ha finalmente rivelato il modo in cui calcola i bonus che paga ai suoi manager. Era il terzo anno consecutivo che glielo chiedevamo. Oppure quando Enel ci ha invitato a confrontarci sulla “povertà energetica”, l’impossibilità di molte famiglie di accedere ai servizi energetici di base. Un problema molto sentito in Spagna. O, ancora, quando Eni ha risposto alle 99 domande che abbiamo inviato, assieme a Greenpeace e Re:Common, sul piano di transizione energetica della società, che continua a non convincerci. Per la prima volta si sono uniti alla nostra azione anche gli studenti di Scomodo, la più importante rivista universitaria italiana. 

Indimenticabile anche lo scambio, per ora solo in forma scritta, con la multinazionale belga della chimica Solvay. Abbiamo chiesto di darci spiegazioni sulle spiagge caraibiche generate dagli scarichi della società a Rosignano, in Toscana. Su Report hanno detto che le conseguenze sulla salute non sarebbero proprio trascurabili. Solvay però dice che è tutto a posto. Scaricherebbe solo «calcare inerte e altri materiali naturali, come gesso e sabbia. Non tossici, né pericolosi». Sarà, ma la cosa non ci convince del tutto. 

 

Lotta dura contro chi produce armi

Molte magre, invece, le soddisfazioni (se si può usare questo termine) con Rheinmetall, l’impresa tedesca che in Sardegna produce le bombe che finivano sulla popolazione yemenita. Nella diretta a senso unico con gli azionisti, il marmoreo amministratore delegato Armin Papperger non ha fornito, in pratica, alcuna informazione utile. Rispettiamo le leggi e tutto il resto sono dati sensibili. Vi basti così. 

Però non ci basta. E visto che l’impresa non ci risponde siamo andati da uno dei suoi maggiori investitori: il famoso fondo pensione norvegese. “The Fund”, come si definiscono loro stessi. «Il più grande azionista singolo nei mercati azionari globali», con 1.140 miliardi di euro di patrimonio. 

Nel maggio del 2020 abbiamo scritto al fondo, che detiene il 2,69% di Rheinmetall, per chiedergli di vendere le azioni dell’impresa. Ora pare che i norvegesi vogliano approvare un nuovo criterio per escludere gli investimenti in società che vendono armi a Stati in guerra. Un primo passo verso una probabile, futura vendita dei circa 104 milioni di euro in azioni dell’impresa tedesca detenute da “The Fund”. 

Se succederà, sarà anche un po’ merito nostro. 

 

Mauro Meggiolaro, analista di Fondazione Finanza Etica

Calendario Colloqui Servizio Civile Regionale

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Calendario Colloqui Servizio Civile Regionale

Si è conclusa venerdì 28 maggio 2021, alle ore 14 la presentazione delle candidature dei volontari al progetto “Educarci ad un approccio critico alla finanza e all’uso consapevole del denaro”, nell’ambito del progetto Giovanisì – bando per il Servizio Civile della Regione Toscana, finanziato con risorse del FSC (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione).

Di seguito il calendario delle convocazioni a colloquio dei candidati, previamente comunicato via email agli interessati.

La mancata presentazione al colloquio è motivo di esclusione.

I colloqui si svolgeranno presso la sede di progetto in Firenze, Viale Giovanni Amendola 10.

Nome Giorno Orario
Flavia Brunetti martedì 15 giugno 9.30
Federico Gelonese martedì 15 giugno 10.15
Stefano Savastano mercoledì 16 giugno 13.30
Lapo Emiliano Nelli mercoledì 16 giugno 14.15
Bianca Gazzi mercoledì 16 giugno 15.00
Leonardo Fossi lunedì 21 giugno 10.00
Maria Victoria Cioppi lunedì 21 giugno 10.45
Marta Soricetti martedì 22 giugno 10.00
Tommaso Cioni martedì 22 giugno 10.45

All’assemblea degli Azionisti di H&M forti dei risultati del 2020

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Il 6 maggio andremo, anche quest’anno in streaming, all’assemblea di H&M. Saremo più agguerriti che mai, visto il buon risultato dell’anno scorso. Vi ricordate come era andata?

Le domande che l’anno scorso abbiamo posto al colosso svedese della fast fashion sono state rivolte all’altissimo impatto ambientale del loro comparto di logistica e dei trasporti, alla pubblicità ingannevole che il brand fa su alcune linee di prodotto e sui diritti dei lavoratori non solo in Cina, ma anche negli USA. Le abbiamo costruite grazie alla ricerca realizzata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo, finanziata grazie all’Erogazione Liberale 2018 di Etica SgrRisposte come sempre standard, che non ci hanno soddisfatto per niente.

 

La mozione della Fondazione

La cosa più interessante dell’attività di azionariato critico su H&M, tuttavia, è il fatto che la legislazione svedese consente di presentare una mozione in assemblea anche ai possessori di una sola azione dell’azienda (in Italia bisogna possedere almeno il 2,5% delle quote).

La Fondazione, con una sola azione, ha potuto presentare una mozione per chiedere che la remunerazione del CEO fosse collegata a chiari e verificabili obiettivi di sostenibilità.

Mauro Meggiolaro ha partecipato all’AGM online il 7 maggio.

Tuttavia, a un certo punto, Sven Unger, presidente della riunione, ha richiesto che la Fondazione presentasse la risoluzione. Attraverso la chat dell’AGM è stato possibile scrivere, in inglese, perché fosse importante la trasparenza della società nei suoi obiettivi di remunerazione ESG, specialmente per quanto che riguarda i diritti dei lavoratori. Tramite Mauro Meggiolaro, la Fondazione ha quindi richiesto che la propria risoluzione fosse votata da tutti gli azionisti. E in effetti tutti gli azionisti l’hanno votata.

La risoluzione ha ottenuto il 3,6% dei voti a favore da parte di 419 azionisti. Si tratta indubbiamente di un buon inizio, considerando che il 77,5% delle azioni con diritto di voto è detenuto dalla famiglia Persson, cioè la famiglia che ha fondato H&M e suo principale azionista. Ciò significa che il 16% delle azioni con diritto di voto non detenute dai Persson ha votato con la Fondazione. Risultato ancora più notevole, perché  raggiunto senza alcuna attività di lobby o promozione della risoluzione.

 

Gli azionisti più noti che hanno votato a favore della nostra risoluzione

Amundi, Blackrock, BNP Paribas, Caisse des Depots et Consignations, CalPERS, CalSTRS, Calvert, Catholic United Investment Trust, Christian Brothers Investment Services, Desjardins, Natixis, Evangelical Lutheran Church in America, Robeco, Folksam, Fonds de Reserve pour le Retraites, Handelsbanken, Invesco, JPMorgan Chase Bank, Mercy Investment Services, Michigan Catholic Conference, Ministers and Missionaries Benefit Board of American Baptist Church, Nordea, Pictet, Pimco, Russell, Schwab, Skandia, PME, STAP, APG, Church of England, TIAA-CREF, Union Investment, United Church Fund, United Nations Pension Fund, Walden, World Trade Organisation Pension Plan.

 

Cerchiamo volontari del Servizio Civile

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Calendario Colloqui Servizio Civile Regionale

Avviso per la selezione di n.2 volontari da impiegare nel progetto di Servizio Civile Regionale (Toscana)

30/04/2020

Nell’ambito del progetto Giovanisì della Regione Toscana –  Servizio civile la Regione Toscana ha stabilito una proroga anche per l’anno 2021, finanziata con risorse FSC 2014/2020, .

Fondazione Finanza Etica seleziona 2 volontari da impiegare nel progetto “EDUCARCI ad un approccio critico alla finanza e all’uso consapevole del denaro”.

I volontari selezionati prenderanno parte alle attività di formazione, sensibilizzazione e promozione della Finanza Etica e dell’uso responsabile del denaro per contribuire a promuovere la partecipazione dei cittadini, giovani e adulti, nella definizione di un percorso di cittadinanza economica all’interno di una dimensione collettiva, secondo dei parametri di sostenibilità oltre che di utilità.

Il servizio civile si svolgerà presso la sede operativa di FFE a Firenze in viale Amendola 10, per 25 ore settimanali su 5 giornate lavorative.

Il Servizio civile è una importante opportunità formativa e umana oltreché professionale per quei giovani con un’età compresa tra i 18 anni (già compiuti) e i 29 (quindi chi non ha ancora compiuto il 30° anno, ovvero 29 anni e 364 giorni) al momento della presentazione della domanda e in possesso dei requisiti indicati nel bando.

Durata e rimborso

Per il progetto Educarci si richiede un impegno settimanale di 25 ore per 12 mesi, ai giovani in servizio sarà corrisposto un assegno mensile di € 433,80.

Scadenza e domanda di partecipazione

La scadenza per la presentazione della domanda è venerdì 28 maggio 2020 ore 14:00;

La domanda di partecipazione può essere presentata esclusivamente on line, accedendo al sito: https://servizi.toscana.it/sis/DASC e seguendo le apposite istruzioni.

 

Per conoscere le modalità di partecipazione al bando ed i requisiti richiesti consultare il sito della Regione Toscana.

Fondazione Finanza Etica effettuerà una selezione dei volontari interessati a partecipare alla realizzazione del progetto sopra menzionato presso la sede operativa di Firenze, in viale Amendola 10.

 

Per ulteriori informazioni sul progetto e le modalità di selezione scrivi a:

palmisano.fondazione@bancaetica.org

Per  informazioni sul bando è possibile contattare:

Regione Toscana – Direzione Diritti di cittadinanza e coesione sociale – Settore Innovazione Sociale E-mail: serviziocivile@regione.toscana.it

Confermato lo stop alle bombe italiane verso il conflitto in Yemen

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Il TAR del Lazio respinge il ricorso di RWM Italia: confermato lo stop alle bombe italiane verso il conflitto in Yemen

Riconosciuto dai giudici il rischio di uso degli ordigni contro i civili e che la salvaguardia della popolazione è più importante dei ritorni economici

 

Amnesty International, Comitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo, Save the Children Italia accolgono con soddisfazione la decisione del TAR del Lazio. Il TAR con una ordinanza della scorsa settimana ha respinto le istanze avanzate dall’azienda RWM Italia contro la decisione del Governo di revoca definitiva delle licenze all’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Si tratta degli ordigni di fabbricazione italiana utilizzati dalla coalizione a guida saudita nel conflitto in Yemen anche per bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile.

La decisione del Governo, presa a fine gennaio 2021 come primo caso del genere da quando è in vigore la Legge 185/90 sull’export militare, applica una Risoluzione parlamentare votata a dicembre 2020 che chiede al Governo di trasformare in revoca la sospensione delle autorizzazioni già votata dal parlamento nel luglio del 2019. Entrambi questi passaggi sono un positivo risultato della mobilitazione e delle pressioni del coordinamento della società civile italiana che, fin dall’inizio delle ostilità in Yemen, ha chiesto di bloccare le forniture di armamenti dal nostro Paese che vengono impiegati in quel sanguinoso conflitto.

 

La decisione del TAR del Lazio

Le nostre Organizzazioni valutano positivamente la decisione del TAR del Lazio sia per il risultato concreto sia, soprattutto, per le motivazioni addotte. Benché si tratti di una decisione cautelare è infatti significativo che, a distanza di pochi mesi, due giudici – uno penale (a riguardo dell’azione legale penale contro l’export di queste armi) e uno amministrativo – abbiano riconosciuto due punti fondamentali su cui si fonda la nostra mobilitazione. Nel provvedimento si legge infatti che risultano ampiamente circostanziati e seri i rischi che gli ordigni oggetto delle autorizzazioni rilasciate da UAMA possano colpire la popolazione civile yemenita, in contrasto con i chiari principi della disciplina nazionale e internazionale e che il ricorso di RWM non può essere accolto.

La salvaguardia e l’incolumità della popolazione civile prevale rispetto a quello della ricorrente alla conservazione della propria quota di mercato.

I commenti delle organizzazioni della società civile

A tal proposito l’avvocata Francesca Cancellaro (che rappresenta le organizzazioni della società civile nell’azione legale promossa nel 2018 da Mwatana, ECCHR e Rete Italiana Pace e Disarmo) ha dichiarato: “Si tratta di una ulteriore conferma che la direzione è quella giusta, un altro tassello verso la giustizia per le vittime yemenite uccise da armamenti esportati illegittimamente dal nostro Paese”.

Nel sottolineare l’importanza di continuare nell’accertamento di responsabilità ed eventuali violazioni delle norme nazionali ed internazionali le nostre Organizzazioni ribadiscono ancora una volta la richiesta a Governo e Parlamento di estendere il blocco e la revoca alle esportazioni di armamenti verso tutti i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen e per tutte le tipologie di armamenti e sistemi militari.

 

Amnesty InternationalComitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibileFondazione Finanza EticaMovimento dei FocolariOxfam ItaliaRete Italiana Pace e DisarmoSave the Children Italia 

Le risposte di Acea non ci convincono

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Una analisi delle risposte di Acea fatte dalla Fondazione all’assemblea degli azionisti. Che non ci convincono per niente

 

Oggi 22 aprile si svolge l’assemblea degli azionisti di Acea, la società, controllata al 51% dal comune di Roma, che gestisce acquedotti, reti elettriche e la raccolta dei rifiuti nella capitale e in varie regioni italiane.

La Fondazione partecipa per il quinto anno consecutivo come azionista critico portando in assemblea 34 domande anche a nome del Coordinamento Romano Acqua Pubblica (CRAP) e, per la prima volta, della rivista Scomodo.

Purtroppo anche quest’anno le assemblee si svolgono a porte chiuse causa restrizioni da pandemia da COVID-19. Abbiamo quindi inviato domande prima dell’Assemblea, come previsto dalla normativa. Acea ha risposto martedì 20, con una serie di note molto più approfondite rispetto agli anni scorsi.

 

Domande chiare, risposte un po’ meno

Abbiamo chiesto conto delle perdite della rete idrica di Acea ATO2 (Roma e provincia) e di quelle elevatissime di Acea ATO5 (Frosinone e provincia). Sembrano esserci miglioramenti: Acea ATO2 perde il 42,7% (nel 2019 era il 44%), ma nell’ATO5 ancora il 68,36% (nel 2019 era il 76,10%!). Ma la situazione delle perdite, soprattutto per ATO5, è decisamente insostenibile.

Scomodo, tra le altre domande, ha chiesto ad Acea come sia stato recepito l’esito del referendum del 2011 per la gestione pubblica dell’acqua. La società ha risposto in modo molto convinto che devono essere salvaguardate le aziende miste pubblico-private quotate in borsa, per evitare di tornare a una frammentazione del servizio e ribadendo che in molti territori le gestioni pubbliche sono caratterizzate da situazioni di grave emergenza.

Quindi, per Acea, società ancora più grandi, quotate in borsa, sostenute da azionisti privati.
Noi non siamo per niente d’accordo.

Il 95% dell’utile di Acea, di circa 178 milioni di euro, è stato distribuito agli azionisti, a dimostrazione che la società gestisce il gruppo in una logica finanziaria e non industriale, privilegiando gli azionisti a scapito dell’attività operativa.

E non capiamo il senso dell’investimento di 190 milioni di euro per l’impianto di potabilizzazione del Tevere e di desalinizzazione dell’acqua marina sul litorale di Roma, che, ci dice Acea, sono progettati come impianti di emergenza nei giorni di attivazione di massima portata invece di ridurre le perdite degli acquedotti. Impianti, peraltro, che Acea si auspica possano beneficiare di finanziamenti pubblici, in particolare a valere sul Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.

 

Aggiornamento delle ultime ore

L’anno scorso, in occasione delle AGM in Italia ci era stata garantita la possibilità di inoltrare ulteriori domande, per replicare alle risposte ottenute. Nonostante la normativa per quest’anno sia la medesima, Acea non ci ha concesso diritto di replica.

Abbiamo chiesto alla società di avere l’opportunità di inoltrare le stesse domande al loro ufficio Investor Relations. Magari così otteniamo una risposta scritta. Anche se sarebbe ancora più interessante poterci confrontare in call dopo l’assemblea.

Vi daremo informazioni a breve!

 

Foto di Hands off my tags! Michael Gaida