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Coronavirus e monitoraggio dei dati personali

Coronavirus e monitoraggio dei dati personali.

Cerchiamo di capirne di più

 

Tra i temi che stanno emergendo sulle modalità di monitoraggio per evitare il diffondersi del contagio c’è quello del rapporto tra controllo e protezione dei dati personali.

Oggi ospitiamo sul nostro sito una parte dei contenuto della newsletter di Carola Frediani “Guerre di Rete”, che ringraziamo per la disponibilità.

In particolare oggi, mercoledì 18 marzo, molti quotidiani italiani aprono con l’allarme del Viminale sul fatto che ancora troppa gente esce di casa senza giustificato motivo.

Sul Corriere della Sera Cesare Giuzzi spiega come la Regione, in considerazione del fatto che gli spostamenti si sono ridotti solo del 60%, stia utilizzando da qualche giorno un “sistema di analisi degli spostamenti «da cella a cella» dei cellulari per capire quanti abitanti si muovono sul suo territorio. E lo fa grazie alle compagnie telefoniche che hanno messo a disposizione i dati del traffico dei ripetitori e l’indice dei «segnali» che si muovono da una cella all’altra della telefonia mobile. Non si tratta di una sorveglianza da 007 che consente di tracciare il singolo cellulare, anche perché le norme sulla privacy non lo consentirebbero, ma di una tecnologia che permette di ricavare quanti spostamenti in meno si verificano rispetto a un determinato periodo”.

Abbiamo quindi chiesto aiuto a Carola Frediani, per capirne un po’ di più, vista la delicatezza del tema.

La tentazione del monitoraggio in Italia

Sulla protezione dei dati, in Italia mancano tutele normative sia durante che dopo l’emergenza.
Nel decreto legge dello scorso 9 marzo “manca una clausola di salvaguardia. E bisogna inserirla prima che venga convertito in legge”, avverte Luca Bolognini, presidente dell’Istituto per la privacy”, su Business Insider Italia. “Uno dei rischi è che gli strumenti di controllo dei contagi utilizzati durante questo periodo non vengano poi “disattivati” non solo dopo, ma anche in una fase meno acuta dell’epidemia”. Parere simile di Emilio Tosi, professore di Diritto Privato Università degli Studi di Milano Bicocca: “è necessario che il governo, più in generale il parlamento in sede di conversione del decreto, fornisca precise garanzie di cancellazione o anonimizzazione di questi dati in futuro”.

E in Europa

Il tema si pone anche a livello europeo. Anche perché c’è chi sta seguendo un modello cinese o sudcoreano. Ricercatori di una scuola medica tedesca di Hannover, insieme a una società di Amburgo, Ubilabs, stanno sviluppando una app di tracciamento e monitoraggio delle persone (attraverso il Gps dei telefoni) basata proprio su un esempio sudcoreano, anche se insistono sul fatto che la loro sarebbe più attenta alla privacy. E che comunque i dati sarebbero volontari, di contagiati e non. “In base alla posizione dei proprietari negli ultimi 14 giorni, viene stabilito se possono essere stati in contatto con persone infette”, scrive Neuste Nachrichten. Inoltre “una mappa interattiva mostra le aree con alti tassi di infezione che possono essere evitate dall’utente”. In un’Europa in cui l’emergenza coronavirus si sta allargando, la tentazione di adottare tecnologie di monitoraggio invasive crescerà, scrive Politico.

Un nuovo strumento di controllo è per sempre

Intanto in Cina, mentre i numeri dei contagi di coronavirus stanno scendendo, molti si chiedono se le misure drastiche di monitoraggio e tracciamento degli abitanti adottate (la cui efficacia è per altro contestata) debbano ancora restare in piedi. E alcuni ritengono che sia un’occasione per stringere ancora di più le maglie del controllo sociale. The Guardian

App iraniana rimossa

Invece in Iran Google ha rimosso una app Android sviluppata dal governo del Paese per testare e monitorare le infezioni da coronavirus. Apparentemente la motivazione è legata, dice Zdnet, ad affermazioni fuorvianti, cioè all’idea che la app potesse individuare casi di coronavirus attraverso un questionario sui sintomi. Ma la preoccupazione era anche che questa potesse essere usata dal governo iraniano come un ulteriore mezzo di sorveglianza della popolazione. L’app infatti, chiamata AC19, sostiene di poter individuare se una persona è infetta. Una volta scaricata, e verificato il numero di telefono, chiede il permesso di inviare i dati di geolocalizzazione al governo (ma, come spiega Vice, la richiesta di permesso per varie ragioni spesso non appare o non è compresa).