È inutile piangere sull’acqua versata
Di una ricerca dell’European House-Ambrosetti sul valore (economico) dell’acqua
La ricerca Community Valore Acqua, giunta alla seconda edizione, fra i tanti dati mette in risalto come il settore in Italia soffre di un cronico deficit di investimenti: 40 euro per abitante all’anno, contro una media europea di 100. Ci consegna così la fotografia di una rete idrica nazionale “anziana”: il 60% ha più di 30 anni e il 25% oltre i 50. Una rete che fa acqua da tutte le parti. Perdiamo infatti il 47,6% di acqua potabile prima che arrivi ai nostri rubinetti. Il 10% in più dello scorso decennio.
E quindi? Beh, visto che la tariffa media italiana è particolarmente bassa (2,08 € per metro cubo, cioè 0,2 centesimo al litro), il consiglio di Community Valore Acqua è: aumentiamo le tariffe così si potrà investire per migliorare le rete di distribuzione e disperdere meno acqua. Ma qualcosa non torna. Infatti, il fatturato del settore del ciclo idrico è aumentato del 4,4% annuo nel periodo 2013-2019, arrivando alla cifra record di 21,4 miliardi di euro. Ma allora se il fatturato sale e la rete peggiora, aumentando la dispersione dell’acqua potabile, dove vanno a finire questi flussi di soldi?
Noi possiamo raccontarvi una storia, che forse non spiega tutto, ma qualcosa sì.
L’azionariato critico della Fondazione su ACEA S.p.A.
Acea S.p.A. è la più grande azienda mista pubblico-privata nel campo delle multiutility di gestione della risorsa idrica italiana. Attraverso le sue diverse controllate, Acea apre e chiude i rubinetti di molte grandi città italiane, a partire dalla Capitale.
Fondazione Finanza Etica dal 2017 svolge attività di azionariato critico nei confronti di Acea, insieme al Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua. Da questa esperienza, possiamo dire che le cose non stanno esattamente come le descrive European House-Ambrosetti.
Nel 2017 concentrammo la nostra attenzione su Acea Ato 2, società controllata da Acea, che gestisce il servizio idrico di Roma e Provincia, 96 comuni per un bacino di utenza di circa 4 milioni di cittadini.
Dal 2011 al 2016 Acea Ato 2 aveva visto una crescita del suo utile netto dell’85,75%, passando da 48,37 a 89,85 milioni di euro. Ciò grazie all’aumento delle tariffe deliberata dalla conferenza dei sindaci nel 2012: dopo il referendum del 2011 era stata abolita la remunerazione garantita del capitale investito del 7% Tuttavia, le norme stabilite dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente hanno consentito aumenti di tariffa che hanno portato all’aumento della remunerazione del capitale degli azionisti del 10%. La motivazione era data dalla necessità di aumentare gli investimenti da realizzare nel periodo 2012-2015 sia per migliorare la rete idrica, ma anche per ridurre la dispersione. Nel Comune di Roma, infatti, si arrivava a picchi di dispersione del 45% rispetto all’acqua potabile immessa nella rete.
Gli investimenti nel quadriennio erano previsti per 951,8 milioni di euro. Peccato che i bilanci degli ultimi quattro anni evidenziavano che soltanto 576,83 milioni erano stati effettivamente realizzati; 374,97 milioni sono rimasti, infatti, nel cassetto. Ma mentre molte risorse restavano al palo, i soci di Acea Ato 2 aumentavano la remunerazione del capitale del 3% rispetto al passato. Infatti, nella stessa assemblea generale di Acea del 2017 gli azionisti intascavano cedole milionarie. Fra questi il 51% era detenuto dal Comune di Roma, che certo ci avrà fatto il proprio bilancio, ma a scapito di investimenti nella propria rete idrica.
Remunerazione degli azionisti e crisi idrica
In quella assemblea Fondazione Finanza Etica intervenne e votò contro il piano di remunerazione delle azioni che distribuiva agli azionisti (i maggiori Comune di Roma con il 51%, Suez SA per oltre il 23% e a Francesco Gaetano Caltagirone per circa il 5%) il 93% degli utili,. Pochi mesi dopo, Roma è andata incontro a una gravissima crisi idrica. Un esempio che dimostra cosa mette in pericolo la risorsa idrica in Italia: non le basse tariffe, né soltanto il deficit di investimenti, bensì l’incapacità di realizzare gli investimenti programmati e l’ingordigia degli azionisti.
A questo livello occorre individuare le cause dei mali denunciati dalla ricerca Community Valore Acqua. Altrimenti è inutile piangere sull’acqua versata.
Simone Siliani, direttore Fondazione Finanza Etica
Foto di Peter H da Pixabay