La guerra non è un pranzo di gala
Foto di Антон Дмитриев su Unsplash
In risposta all’articolo di Repubblica di Gianluca Di Feo sulle armi italiane e la guerra in Ucraina
Cari amici di “Repubblica”, caro Gianluca Di Feo, la guerra non è un pranzo di gala, né tanto meno uno scherzo! Ci meraviglia che voi, che più di ogni altro giornale avete sponsorizzato l’invio di armi in Ucraina, oggi [5 luglio 2023, ndr] ve ne uscite con questa “clamorosa” scoperta che le fabbriche di armi italiane – in questo caso RWM Italia SpA – abbiano ritrovato nuove commesse per i loro “prodotti” e, dunque, nuova floridità economica.
Noi, invece, da anni andiamo dicendo che la produzione di armi prepara e rende possibili nuove guerre e che queste, a loro volta, alimentano nuova domanda di armi. E anche operando, visto che il nostro Gruppo Banca Etica ha escluso le armi dal proprio universo investibile e i loro produttori da ogni possibilità di operatività bancaria. È questa la vera economia circolare.
Peccato questa economia di fabbriche di armi abbia come effetto collaterale fisiologico la morte delle persone, militari e (sempre di più) civili. Ma per chi è incurante di questi effetti collaterali, la guerra è un affare come un altro che, in fondo, fa girare l’economia, produce PIL e, soprattutto, copiosi dividendi. Per noi, invece, la cosa più importante sono gli effetti collaterali.
La produzioni di armi nello stabilimento RWM Italia
Tornando a RWM, Fondazione Finanza Etica svolge da qualche anno attività di azionariato critico su Rheinmetall, il colosso tedesco degli armamenti che, con il 98% delle azioni, è il vero proprietario di RWM Italia. Abbiamo interrogato, esercitando i nostri diritti di azionisti, in questi anni Rheinmetall sulle attività di RWM, sia sulle bombe vendute all’Arabia Saudita e utilizzate in Yemen, sia su quelle vendute all’Ucraina. Perché per noi le bombe non hanno colore: sono sempre sbagliate e difficilmente possono essere considerate armi difensive. Così come abbiamo chiesto informazioni sulle vicende giudiziarie che hanno bloccato l’allargamento dell’impianto di Domusnovas-Iglesias. Le risposte di Rheinmetall sono state vergognosamente evasive e fuorvianti, non degne di una grande impresa che si è dotata pure di un Codice Etico che contiene principi etici «di legalità, integrità, trasparenza, correttezza, riservatezza, efficienza, spirito di servizio, …tutela dell’ambiente, della sicurezza e della salute, rispetto dei diritti altrui».
Per esempio, quest’anno Rheinmetall ha dichiarato che nel 2022 RWM Italia non ha venduto armi all’Ucraina. Ma poi dice che le «attrezzature per la difesa» vendute all’Ucraina consistono in «bombe d’aereo, mine navali, siluri riempiti». Ma non hanno voluto dire per quale valore economico.
Allora abbiamo chiesto notizie sui due sistemi Skynex che Rheinmetall consegnerà all’Ucraina e prodotti nello stabilimento di Roma, ma sviluppati da Rheinmetall Air Defence con sede a Zurigo entro la fine del 2023, come dichiarato dal portavoce dell’azienda Oliver Hoffmann. Questi sistemi sono sviluppati in Svizzera, dove vige un divieto di esportazione di materiale bellico a Kiev, e portati a Roma dove sono assemblati e dall’Italia esportati in Ucraina: è questo un modo per aggirare il divieto vigente in Svizzera? Per noi, ovviamente, sì, come per ogni persona dotata di logica. Per Rheinmetall no perché, ci garantisce, «Rheinmetall svolge sempre le sue attività in coordinamento con le autorità e non ci sono restrizioni da parte dell’Italia per la consegna dei due sistemi Skynez». Che è, in parte, una non-risposta alla nostra domanda e dall’altra una tautologia.
Le vicende giudiziarie sull’ampliamento dell’impianto di Domusnovas
Le risposte sulla questione, accennata anche da Di Feo, sulle vicende giudiziarie legate all’ampliamento dell’impianto produttivo di Domusnovas sono invece sconcertanti.
Avevamo già interpellato Rheinmetall lo scorso anno chiedendo se le autorizzazioni concesse per l’ampliamento dell’impianto, sottoposte a processo per irregolarità e bloccate in prima istanza, non fossero un rischio di perdita economica, reputazionale e produttivo per la società. La società ha risposto che «Il procedimento amministrativo non è ancora concluso. Il tribunale ha solo stabilito che alcuni aspetti della valutazione di impatto ambientale devono essere aggiornati».
Il 10 novembre 2021, il Consiglio di Stato, l’ultima istanza della giustizia amministrativa in Italia, ha accolto il ricorso presentato da associazioni ambientaliste, stabilendo che le autorizzazioni concesse erano illegittime. Il ricorso contro la sentenza presentato da RWM Italia è stato nuovamente respinto dal Consiglio di Stato nel febbraio 2022. Per questo abbiamo chiesto per quale motivo la società continuasse a ignorare il problema.
Inoltre, i dirigenti di RWM Italia sono stati mandati a processo penale per falso, avendo firmato le autorizzazioni per l’ampliamento dello stabilimento in Sardegna, nonostante le sentenze del tribunale amministrativo: nel marzo 2023 il Tribunale di Cagliari ha condannato i dirigenti RWM per falso e abuso edilizio. Lo scorso anno Rheinmetall aveva rubricato tutti questi fatti, giudiziariamente stabiliti, come «accuse di violazioni minori». Alla luce delle condanne intervenute nel 2022 e 2023, Rheinmetall risponde: «Avete posto numerose domande su vari procedimenti perseguiti dagli oppositori degli armamenti in Italia».
Di chi parlano? Qui ci sono tribunali italiani che emanano sentenze, non pacifisti sfegatati. Immaginiamo che anche in Germania funzioni così.
Prosegue Rheinmetall: «Non condividiamo la valutazione che la situazione sia peggiorata nel frattempo: restiamo convinti che né condanne penali né limitazioni definitive alla costruzione emergeranno dai procedimenti». Ma cosa vuol dire? La condanna definitiva del Consiglio di Stato non è forse già stata stabilita? La condanna per falso e abuso edilizio non è una condanna penale? O forse stanno dicendo che nonostante queste condanne l’azienda andrà avanti lo stesso, senza colpo ferire? Oppure le considerano ottusi impacci burocratici all’impetuoso e inarrestabile sviluppo produttivo di RWM?
Insomma l’arroganza di Rheinmetall è pari solo all’ottusa sicumera di potersene infischiare della legge.
Dal suo canto Di Feo su Repubblica racconta che RWM ha fatto un investimento di 50 milioni di euro per costruire un secondo impianto in Sardegna: ma «dopo averlo terminato, il Consiglio di Stato ha però ritenuto insufficienti i permessi già rilasciati da Comune e Regione imponendo ulteriori autorizzazioni». Ma le cose non stanno così: dichiarando il falso e compiendo un abuso edilizio, i dirigenti di RWM hanno proseguito la costruzione dell’impianto nonostante il Tribunale amministrativo avesse già sospeso le autorizzazioni rilasciate; che, evidentemente, possono essere impugnate solo dopo che sono state concesse, non prima. Così come Di Feo racconta che RWM dà lavoro a 480 persone, mentre a Domusnovas-Iglesias lavorano solo 98 persone a fronte di una popolazione sarda di 1,5 milioni di abitanti. E RWM si è definita nelle sue risposte “un importante datore di lavoro in Sardegna”.
Solo la pace è fautrice di sviluppo
C’è in Italia e in Europa una spinta fortissima al riarmo, che si nutre di governi di destra “collusi” con i produttori di armi, di opposizioni di sinistra culturalmente conquistate alla logica della guerra. E che hanno perduto il senso dell’identità di sinistra, che si fonda sull’idea che solo la pace è fautrice di sviluppo. Così come di un sistema mediatico e dell’informazione che ha dimenticato il ruolo di “cane da guardia” del potere che la migliore tradizione del giornalismo indipendente aveva costruito in decenni di libero esercizio della professione; di una intellettualità afona; di un sistema finanziario famelico che, incurante della funzione sociale che il risparmio dovrebbe esercitare secondo la nostra Costituzione, si fa guidare esclusivamente dalla fame di dividendi.
Può essere fermata questa follia che sta portando il mondo in mezzo a conflitti e guerre locali che non aspettano altro che nuove armi per scalare la dimensione e la pericolosità? Lo potranno fare solo i cittadini che alzeranno la voce, gli istituti finanziari che prenderanno coraggio e rifiuteranno di finanziare le armi; gli intellettuali ritroveranno la parola libera e diranno che c’è un’alternativa; i lavoratori che rifiuteranno di costruire e imbarcare le partite di armi per i paesi in guerra o che violano i diritti umani (come avvenuto a Livorno e a Genova) e i sindacati che li difenderanno; i partiti e i parlamentari che non si omologheranno al pensiero unico della guerra; le religioni che escluderanno i fabbricanti di morte dalle loro comunità.
È possibile, ancora. Noi siamo qui, per questo.
Simone Siliani
direttore di Fondazione Finanza Etica