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Essere antropologo in un mondo di economisti

Un omaggio a un antropologo eroe

 

Con questo articolo desidero rendere omaggio alla voce nobile e coraggiosa del più incredibile e folle  antropologo, David Graeber, venuto tragicamente a mancare la settimana scorsa. Con David, da molto tempo per me fonte di ispirazione, da un anno avevo stretto un rapporto di sincera amicizia; condividevamo il difficile ruolo di antropologi in un mondo dominato dagli economisti, ed è proprio di questo argomento che vorrei parlarvi brevemente.

David era un antropologo che scriveva di economia e questo è stato il primo motivo per cui mi sono interessato al suo lavoro. La gente a volte pensa che io abbia un background da economista – perché scrivo di finanza e denaro – ma in realtà ho una laurea in antropologia, una disciplina che spesso ha un rapporto conflittuale con le scienze economiche.
Ci sono opinioni diverse sulle ragioni di questo antagonismo, io lo descrivo così:

L’antropologia parte dalla constatazione che un essere umano – almeno nei primi anni di vita – non può vivere separato da un gruppo.

 

In altre parole, l’antropologia presume che ogni comunità umana preceda sempre i suoi singoli membri e che la cura e la riproduzione siano la conditio sine qua non di ogni forma di eroismo solitario.

I bambini non sopravvivono a lungo se vengono lasciati a se stessi e, quando miracolosamente ce la fanno, non sono in grado di parlare una qualsiasi lingua, il che rende quasi impossibile per loro ogni sorta di interazione sociale, relazione e scambio.

I bambini crescono, diventano adulti, acquisiscono fiducia in se stessi e prendono consapevolezza delle differenze marginali che esistono tra le persone. Ciò potrebbe portarli a credere di essere “individui” autonomi, ma per gran parte della storia umana non è andata così. L’idea di andare per la propria strada non era presa in considerazione dalla maggioranza delle persone, non c’era l’idea di un “sé” autonomo e indipendente senza un solido legame con un clan o una tribù.

Gli antropologi, quindi, sono stati tra i primi a rendersi conto che il termine – ‘individuo’ – ampiamente utilizzato nel nostro quotidiano, non è tanto una descrizione della realtà quanto un concetto ideologico che emerge all’interno di certi gruppi, in certe condizioni, in determinati tempi e luoghi. Più specificamente, è un concetto che fiorisce in presenza di grandi organizzazioni statali che eliminano la necessità di vivere in comunità.

All’interno di grandi stati-nazione si può effettivamente lasciare il proprio luogo di origine e vagare come un estraneo tra estranei, mentre il tutto è tenuto insieme da un sistema di regole (sistema giuridico, sistema monetario, astratte ideologie e bandiere nazionali per dare un qualche senso di unione di intenti a questi estranei).

 

Il pensiero eretico che emerge tra gli antropologi è che forse l’individuo è un prodotto dello stato moderno.

Questo è anche il motivo per cui l’antropologia contemporanea ha connessioni con l’anarchismo: gli antropologi sono stati tra i primi a intuire che il capitalismo è catalizzato dallo stato, piuttosto che esistere in opposizione allo stato.

Questo orientamento pone molti antropologi in opposizione alla maggioranza degli economisti mainstream. L’economia mainstream si è sviluppata negli stati moderni e ha concentrato la sua attenzione sulle popolazioni di quegli stati. Al contrario gli antropologi da sempre studiano popoli di regioni remote come la Papua Nuova Guinea dove l’organizzazione sociale è completamente diversa.

David Graeber riusciva a rendere evidente che lo spettro delle possibilità nell’organizzazione economica di una società è più ampio di quanto si creda.

Mentre i dipartimenti di economia di stampo conservatore provano a rendere universale la dinamica dello scambio monetario capitalista, l’antropologia economica è come un movimento di resistenza nel nostro subconscio che mantiene viva la conoscenza di modi diversi di vivere, molti dei quali esistono ancora all’ombra del nostro sistema economico dominante.

La prima volta che ho parlato con David è stato un paio d’anni fa, a una cena tra attivisti contro il debito illegittimo. Mi disse che era davvero difficile riuscire ad aiutare tutti i gruppi di attivisti che avevano bisogno di sostegno, ma che lui ci provava, sempre e comunque.

Questo è il motivo per cui David era per me un antropologo-eroe, il sapere antropologico per lui era vita, era politica.

 

 

Abbiamo conosciuto Brett Scott di persona all’edizione 2018 del festival di Internazionale, quando lo abbiamo invitato a presentare  Guida eretica alla finanza globale, la traduzione italiana, a cura di Fondazione Finanza Etica, della sua guida per hackerare il sistema finanziario. 

Ci aveva appassionato il libro, ancora di più ci ha colpito Brett, acuto, intelligente, anticonvenzionale, brillante, appassionato.

Abbiamo quindi deciso di proporre un estratto del suo ultimo articolo The anthropologist in an economist world in ricordo di David Graeber, pubblicato da Brett Scott sul suo blog Altereted States of Monetary Consciousness. Lo firma Domenico Villano, che per la Fondazione si è occupuato della curatela della versione italiana del libro di Brett Scott.

 

Foto di Thierry Ehrmann