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Leonardo e la vendita di armi alla Colombia

Il dovere di trasparenza di Leonardo, società a partecipazione pubblica che produce armi

Nel maggio 2022 Fondazione Finanza Etica, in qualità di azionista (critico), pose a Leonardo S.p.a. durante l’Assemblea degli Azionisti una domanda: «In relazione a recenti notizie di stampa che riportavano di presunte attività di intermediazione svolte dall’ex Presidente del Consiglio Massimo D’Alema relativamente a possibili vendite di sistemi d’arma prodotti da Leonardo SpA alla Colombia (e considerando la “smentita” dell’Ad Alessandro Profumo a riguardo di mandati di intermediazione conferiti all’on.D’Alema), si chiede di conoscere l’attuale situazione della questione soprattutto in relazione a possibili coinvolgimenti di natura legale/penale e all’impatto eventualmente avuto sulle prospettive di esportazione verso la Colombia».

La risposta, come è di tradizione della società, è stata vaga, evasiva e anche fuorviante. Prima di trascriverla, una premessa: M-346 è un aereo addestratore avanzato transonico concepito come piattaforma per l’addestramento al volo su caccia di nuova generazione. Ne esiste anche una versione “Fighter Attack”, caccia leggero multiruolo per l’interdizione sul campo di battaglia, per missioni di supporto aereo ravvicinato e capace di effettuare missioni di polizia e sorveglianza aerea, o ricognizione.
Ecco la risposta: «La campagna commerciale su M346 è in corso dal 2018 ed esiste un processo formale e ufficiale di selezione da parte del Ministero della Difesa colombiano, attualmente in fase finale, per la selezione di un velivolo tra M346 di Leonardo e T50 della KAI (Corea). Ad ogni modo Leonardo non ha instaurato rapporti negoziali, economici e finanziari con soggetti terzi (fisici/giuridici) coinvolti nella vicenda o anche solo citati negli articoli di stampa, rispetto ai quali, pertanto, la società non ha assunto alcun impegno e/o disposto o eseguito alcun pagamento. La società ha agito nel pieno rispetto della disciplina applicabile e delle procedure interne».

Ora vi è un’inchiesta formale in corso da parte della procura di Napoli che vede coinvolti l’on. Massimo D’Alema e Alessandro Profumo, all’epoca amministratore delegato di Leonardo S.p.a. Naturalmente, nessuno può essere ritenuto colpevole fino a dimostrazione del reato in sede giudiziaria. Altrettanto ovvio il fatto che l’operazione (una transazione fra Colombia e Italia di armamenti) non sia andata in porto, non solo non attenua la gravità del reato, ma ai nostri fini non diminuisce di una virgola (anzi, caso mai l’aggrava) la problematica rispetto alla interlocuzione fra società e azionisti e il comportamento stesso dell’ad della società.

Questa risposta della società, data in una sede ufficiale quale l’Assemblea degli Azionisti, pone ulteriori problemi. Se fosse dimostrato il reato ascritto ai due oggi inquisiti, oltre alla responsabilità penale personale, vi sarebbe quella dell’allora ad Alessandro Profumo di aver agito in modo scorretto verso l’azienda. Cioè si sarebbero – nei modi che il processo eventualmente dimostrerà – eluse procedure, controlli e presidi organizzativi interni alla società recando così un danno quanto meno reputazionale, ma diremmo anche economico. In tal caso, nel processo la società dovrebbe costituirsi quanto meno parte lesa.

Se, diversamente, si dimostrasse che l’on. D’Alema avesse ricevuto un incarico ufficiale di “consulente” (non necessariamente di intermediazione), come commentano oggi alcuni editorialisti “garantisti”, ciò non costituirebbe reato. Tuttavia il CdA di Leonardo S.p.a., responsabile della risposta data alla nostra domanda, avrebbe dichiarato il falso. In tal caso dovremmo adire, quanto meno, al collegio sindacale della società ai sensi dell’art.2408 del Codice Civile, secondo il quale «Ogni socio può denunziare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener conto della denunzia nella relazione all’assemblea».

Le società quotate, e in particolare quelle a partecipazione pubblica rilevante come è Leonardo, il cui socio di riferimento è il Ministero dell’Economia e Finanza al 30,2%, hanno un dovere di trasparenza verso gli azionisti, oltre che di adesione incondizionata alle leggi dello Stato. L’opacità collegata strutturalmente ai prodotti trattati da Leonardo S.p.a., cioè le armi, conduce a situazioni come la presente, particolarmente rischiosa per la reputazione dell’azienda. A riprova, come andiamo dicendo da diversi anni in qualità di azionisti critici di Leonardo, che essere evasivi verso le domande degli azionisti, dribblare le legittime richieste di trasparenza, non porta mai bene 

 

Simone Siliani
direttore di Fondazione Finanza Etica