a cura di Mauro Meggiolaro
“Ricostruire l’economia su principi solidi”. È questo il titolo del comunicato stampa che, il 31 gennaio, ha accompagnato la chiusura del 40° World Economic Forum di Davos.
I partecipanti hanno riconosciuto che «la ripresa globale è fragile» e che «è arrivato il momento di ripensare ai valori ora che il mondo sta tornando alla prosperità economica: tutti i paesi dovrebbero trovare nuove vie per lo sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro».
La crisi economica e ambientale «è globale, perché tutti i paesi sono interdipendenti», ha sottolineato Josef Ackermann, amministratore delegato di Deutsche Bank, mentre Lawrence Summers, direttore dell’US National Economic Council presso la Casa Bianca, ha aggiunto che siamo di fronte a una «ripresa statistica, ma a una recessione umana». Il comunicato finale ha indicato come “azioni concrete” di Davos una serie di iniziative di beneficenza lanciate in grande stile, approfittando della vetrina internazionale offerta dal Forum. Il fondatore di Microsoft Bill Gates ha annunciato che la sua fondazione (Bill and Melinda Gates Foundation), ha messo a disposizione 10 miliardi di dollari per vaccinare più di 8 milioni di bambini nei prossimi dieci anni, mentre l’ex-presidente USA Bill Clinton ha lanciato un’iniziativa congiunta che coinvolgerà il World Economic Forum, la Clinton Global Initiative e le Nazioni Unite in un’operazione di sostegno alla ricostruzione di Haiti.
Tra i leader politici che ne hanno approfittato per riportare l’attenzione sulla crisi, si segnalano il primo ministro canadese Stephen Harper e i presidenti di Corea del Sud, Messico e Francia, che hanno presentato i propri programmi per «prevenire future crisi e promuovere la sostenibilità e una crescita basata sui principi».
Nuove regole in primavera?
Nel corso della sessione del 30 gennaio dedicata all’agenda legislativa USA, alcuni deputati e senatori del Congresso degli Stati Uniti hanno annunciato che l’amministrazione Obama sarebbe pronta ad approvare nuove leggi, molto stringenti, per regolare i mercati finanziari entro la primavera del 2010. Più improbabile sembra invece l’introduzione di un tetto alle emissioni di Co2 negli Stati Uniti, anche se ci si attende un “pacchetto clima” entro la fine dell’anno.
Le proposte di riforma della finanza presentate a Davos si sono tuttavia fermate alla superficie. I proclami del presidente francese Sarkozy e del presidente della Banca Centrale Europea Trichet non si sono spinti oltre le dichiarazioni di rito. Sarkozy si è augurato «un’economia al servizio dell’uomo», senza però spiegare come sarà riattivato il credito alle imprese, mentre Trichet ha chiesto «regole migliori, e non un maggior numero di regole», anche se non ha spiegato in cosa consisteranno le nuove regole, né chi le stia preparando o a che punto sia il dibattito in Europa, Usa e Asia.
Il 27 gennaio, all’inizio del Forum, è stato dato ampio spazio a un panel di economisti e banchieri che hanno criticato le autorità di regolamentazione dei mercati, perché si starebbero concentrando su «problemi periferici, come i bonus dei banchieri», invece di «occuparsi di temi importanti come la trasparenza e la gestione dei rischi». «Siamo in pericolo perché si stanno attaccando i problemi più visibili, invece che iniziare a fare ciò che è necessario», ha dichiarato il prof. Raghuram G. Rajan dell’Università di Chicago. Altri esperti hanno parlato dei rischi che potrebbe comportare «un’eccessiva regolamentazione», mentre il prof. Nouriel Roubini ha indicato che «la strada percorsa dall’amministrazione Obama è corretta e si dimostrerà efficace: le banche che sono “troppo grandi per fallire” dovrebbero essere smembrate». Le proposte di Obama, comunicate il 21 gennaio scorso, includono anche limiti agli investimenti da parte delle banche in fondi hedge o in private-equity altamente speculativi.
Bill Gates: l’Italia è avara con i poveri
Poco prima di partire per Davos, Bill Gates ha pubblicato la lettera annuale della Bill and Melinda Gates Foundation, un documento di 18 pagine che analizza la situazione dei paesi poveri, focalizzando l’attenzione sulla mortalità infantile, le epidemie, l’educazione e l’agricoltura. Nella lettera non sono mancate le critiche all’Italia che, nel 2009, è stato il paese che ha destinato meno aiuti, in proporzione al PIL, ai paesi poveri. Nel 2008 l’Italia ha donato lo 0,21% del PIL, classificandosi al quartultimo posto, prima di Grecia, Giappone e Stati Uniti. Ma le statistiche 2009, che saranno pubblicate nella primavera del 2010, «terranno conto dei drastici tagli decisi dal governo Berlusconi». L’Italia è l’unico paese della Comunità internazionale ad avere cancellato aiuti allo sviluppo nel 2009. Da sempre la percentuale italiana di aiuti allo sviluppo (sul PIL) si colloca sotto la media dei paesi industrializzati (0,45%) ed è molto lontana dall’obiettivo dello 0,7% fissato dalle Nazioni Unite negli anni settanta. Obiettivo che, per ora, hanno raggiunto solo Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda e Lussemburgo.
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