Documento Conclusivo del Convegno “Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità

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Lunedì 4 marzo 2019

In un momento di crescenti tensioni internazionali, di forte instabilità in numerose regioni, di conflitti che perdurano da anni e di nuovi focolai di guerra che stanno alimentando la ripresa delle spese militari e una rinnovata corsa agli armamenti, le realtà promotrici del Convegno“Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità” (Roma 1 marzo 2019) ritengono innanzitutto importante l’aver proposto all’attenzione pubblica, del governo e delle istituzioni la questione della produzione e dell’esportazione di sistemi militari italiani e di “armi leggere”. E’ una questione che, ancor prima di riguardare ogni singolo attore, investe la responsabilità nazionale del nostro Paese e il ruolo che l’Italia intende svolgere nel contesto internazionale per realizzare il principio e l’impegno sancito nella Costituzione del “ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art.11). Evidenziano inoltre che, secondo le convenzioni internazionali, la produzione e l’esportazione di armamenti possono essere giustificati e legittimati solo per permettere l’autotutela dei popoli, per proteggere i diritti delle persone e per salvaguardare la pace e la sicurezza internazionale (Carta delle Nazioni Unite, art. 51).

In questo senso, le realtà promotrici del Convegno:

1) Rinnovano la richiesta al Governo italiano di bloccare tutte le forniture di armamenti a Paesi in conflitto e dove si verificano gravi violazioni dei diritti umani ed in particolare le esportazioni di armi alla coalizione a guida saudita che – come riportano le Nazioni Unite – sta compiendo bombardamenti indiscriminati in Yemen che possono essere considerati “crimini di guerra” alimentando la gravissima crisi umanitaria che sta falcidiando la popolazione yemenita. Sollecitano inoltre il Governo a rispettare non solo tutti i divieti formalmente espressi nella legge 185 del 1990, ma anche i rigorosi criteri della Posizione Comune UE e del Trattato internazionale sulle armi (ATT) che vietano le esportazioni di armamenti qualora queste possano essere utilizzate per commette o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, dei diritti umani o mettere in pericolo la pace e la sicurezza. Chiedono al Governo italiano e a tutte le forze politiche di adoperarsi nelle sedi europee e internazionali per promuovere un effettivo controllo del commercio di armamenti e di armi leggere e di ripristinate la massima trasparenza non solo nelle Relazioni nazionali sulle esportazioni di armamenti ma in ogni informazione che l’Italia deve presentare a livello europeo e internazionale. Invitano infine il Parlamento ad intensificare i  rapporti con le associazioni della società civile sia per esercitare un controllo più efficace sulle esportazioni di armamenti italiani sia nel caso di modifiche alla normativa vigente.

2) Ribadiscono l’impegno a dialogare con tutti gli attori istituzionali, del settore industriale e finanziario, delle rappresentanze sociali e dei lavoratori per promuovere un ampio ripensamento e un graduale riordino del comparto della produzione militare nazionale nel contesto europeo per rispondere in modo efficace, razionale e sostenibile alle effettive esigenze di sicurezza e difesa comune col minimo dispendio di risorse economiche e sociali. In questo senso, chiedono al Governo e a tutte le rappresentanze politiche e sociali di adoperarsi per definire, avviare e sostenere progetti di riconversione al civile cominciando dai settori industriali militari maggiormente in contrasto col principio costituzionale del ripudio della guerra.

3) Invitano tutti i soggetti della società civile e le Chiese a promuovere, a livello nazionale e locale, momenti di incontro e di approfondimento, riguardo alle spese militari e al commercio di armamenti. Confermano la disponibilità a sostenere tutte le iniziative promosse dalle associazioni e dalle Chiese per favorire la crescita di un’economia di pace, rispettosa della vita, dei diritti e della dignità delle persone, la salvaguardia la salvaguardia dell’ambiente e un effettivo progresso delle comunità e dei popoli.

4) Si impegnano a continuare insieme la riflessione sulla produzione e il commercio di armamenti, estendendo l’invito a tutti i soggetti della società civile interessati a promuovere la sensibilizzazione nei territori e a livello nazionale e internazionale.

I promotori del Convegno:

Commissione Globalizzazione e Ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Fondazione Finanza Etica
Movimento Politico per l’Unità e Movimento dei Focolari
Pax Christi Italia
Rete Italiana per il Disarmo
Ufficio Nazionale per i Problemi sociali e il Lavoro della C.E.I.
Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della C.E.I.

 

Per contatti stampa:

Maria Elena Lacquaniti– convegno1marzo@gmail.com-

Antonella Visintin– anto.visintin@gmail.com-

Francesco Vignarca– segreteria@disarmo.org-

Giorgio Beretta– berettagiorgio@gmail.com-

Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/2125371564420319/

Account Twitter del Convegno: @ConvArmamenti

SfC ha presentato oggi a Parigi il report “Bad Connection”

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Poca trasparenza sulle tasse dei big delle telecomunicazioni in Europa

La denuncia nel report presentato oggi a Parigi da Shareholders for Change

Ugo Biggeri (Gruppo Banca Etica) eletto vicepresidente del network degli investitori responsabili

Shareholders for Change ha presentato oggi a Parigi il report “Bad connection”.

Lo studio denuncia la scarsa trasparenza fiscale da parte dei big europei delle telecomunicazioni: i principali gruppi di telecomunicazione in Europa non rispettano le raccomandazioni dell’Ocse sulla rendicontazione fiscale trasparente in ciascun Paese in cui operano. Vodafone si distingue dai competitor europei per trasparenza, ma i dati del report hanno evidenziato come il gruppo dichiari gran parte dei propri profitti in Paesi a tassazione agevolata, anche se in quei Paesi svolge ben poche attività come dimostra l’esiguo numero di dipendenti (300 su oltre 100mila) nelle giurisdizioni in cui vengono dichiarati la gran parte dei profitti.

Gli altri grandi gruppi di telecomunicazione europei (tra cui Telecom Italia, Orange, Deutsche Telekom) non rendono pubbliche le informazioni sui versamenti fiscali nei diversi Paesi in cui operano, ma dai pochi dati disponibili è stato possibile identificare transazioni intra-gruppo che coinvolgono giurisdizioni fiscali che potrebbero generare elusione fiscale.

Shareholders for Change (“Azionisti per il Cambiamento”) è una rete di investitori istituzionali europei costituita a Milano nel 2017 che, in qualità di azionisti, svolgono attività di engagement, ovvero di dialogo con le imprese su cui investono, al fine di influenzare positivamente e sollecitare buone pratiche e comportamenti sostenibili e responsabili nel medio-lungo periodo.

«Si è formalmente costituita oggi Shareholders for Change, rete europea di investitori istituzionali che vogliono partecipare attivamente alla vita delle imprese in cui investono.» Spiega Andrea Baranes, presidente di Fondazione Finanza Etica «Nell’occasione è stato pubblicato un primo report sul comportamento in materia fiscale di alcuni giganti delle telecomunicazioni. Il rapporto si concentra su Vodafone, evidenziando una “ottimizzazione” del carico fiscale per lo meno criticabile, in particolare a giudicare dall’ammontare dei profitti realizzati in Lussemburgo. D’altra parte Vodafone è stata presa come caso studio anche perché ad oggi è l’unica grande impresa del settore che ha volontariamente deciso di adottare la rendicontazione Paese per Paese dei propri dati di bilancio, mentre i principali competitor, quali Telecom Italia, Deutsche Telekom o Orange, continuano a rimanere indietro in tema di trasparenza».

Durante la riunione di Parigi è stato approvato e firmato dai sette membri fondatori lo Statuto di Shareholders for Change.

Aurélie Baudhuin, Vice direttrice di Meeschaert Asset Management, è stata nominata Presidente della rete mentre Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica ed Etica Sgr, è stato eletto Vice Presidente.

L’incontro di Parigi ha anche ammesso due nuovi membri: Ethos Foundation con sede a Ginevra, che rappresenta i diritti di voto di 230 fondi pensione svizzeri e Friends Provident Foundation con sede a Londra, che coinvolge aziende britanniche da oltre 15 anni.

Per ulteriori informazioni:

meggiolaro.fondazione@bancaetica.org

www.shareholdersforchange.eu

Il report è disponibile qui: http://www.shareholdersforchange.eu/wp-content/uploads/2018/12/BadConnection.pdf