UNCAC COALITION, la Fondazione firma l’appello

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Padova 20 Agosto 2009

UNCAC sta per United Nations Convention Against Corruption e la UNCAC Coalition è la coalizione internazionale di ONG, tra cui Transparency International, Greepeace, Amnesty, che si batte per l’applicazione della Convenzione ONU contro la corruzione.
In occasione dell’incontro internazionale che si svolgerà a Vienna dal 25 agosto al 3 settembre, la Coalizione ha lanciato un appello affinché la Convenzione si doti di un segretariato internazionale e di strumenti davvero efficaci per monitorarne l´applicazione, tra cui rapporti annuali, peer review (controlli incrociati tra paesi diversi) e l’accesso ai dati da parte delle organizzazioni della società civile. Approvata dall’Assemblea Generale nel 2003, entrata in vigore nel dicembre 2005, ad oggi sono 140 i paesi che hanno firmato la Convenzione contro la corruzione, mentre nel febbraio 2009 sono 131 i paesi che sono riconosciuti come parti della convenzione.

Ma cosa sancisce? qual è la sua importanza strategica nella lotta globale alla corruzione? Scorrendo il testo all’Art. 1 “Disposizioni generali” si legge che la convenzione ha per oggetto:
a) la promozione e il rafforzamento delle misure volte a prevenire e combattere la corruzione in modo più efficace;
b) la promozione, l’agevolazione e il sostegno della cooperazione internazionale e dell’assistenza tecnica ai fini della prevenzione della corruzione e della lotta a quest’ultima, compreso il recupero dei beni;
c) la promozione dell’integrità, della responsabilità e della buona fede nella gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici.

E ancora all’art. 3 “Campo d’applicazione”
1. La presente Convenzione si applica, conformemente alle sue disposizioni alla prevenzione, alle indagini ed ai procedimenti concernenti la corruzione nonché al congelamento, al sequestro, alla confisca ed alla restituzione dei proventi dei reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione.
2. Ai fini dell’applicazione della presente Convenzione, non è necessario, salvo disposizione contraria di quest’ultima, che i reati ivi indicati causino un danno od un pregiudizio patrimoniale allo Stato.

La Convenzione dunque riveste un ruolo importante per la capacità di dare una risposta globale ai problemi della corruzione grazie all’ampiezza e al dettaglio delle sue disposizione – Misure volte a prevenire il riciclaggio di denaro, Corruzione di pubblici ufficiali nazionali, Corruzione di pubblici ufficiali stranieri e di funzionari di organizzazioni internazionali pubbliche, Sottrazione, appropriazione indebita, o altro uso illecito di beni da parte di un pubblico ufficiale, arricchimento illecito ecc. – nella misura in cui si pone come uno strumento giuridicamente vincolante a livello internazionale per tutti gli aderenti.
Purtroppo dopo sei anni oltre un terzo dei paesi membri non l’ha ancora adottata. Per quanto riguarda il nostro paese, l’Italia, che era rimasto l’ultimo paese della UE a non averlo fatto, si è messa al passo solo lo scorso 29 luglio, quando il Parlamento – prima di chiudere i battenti per la pausa estiva – ha approvato la legge di ratifica dopo un tira e molla durato tre legislature. La corruzione è un fenomeno paurosamente aumentato nell’ultimo decennio.
Enormi sono i danni che causa alle popolazioni, specialmente più povere, impossessandosi di risorse che possono essere destinate a investimenti sociali: recenti studi della Banca Mondiale dimostrano che, dove la corruzione è più alta, minori sono gli investimenti in settori vitali come la sanità e l’istruzione.
La corruzione danneggia la coesione sociale perché inquina ogni rapporto tra persone e comunità, alimenta traffici e attività illegali, ingenera nei cittadini onesti un senso di frustrazione e di impotenza. Viola i diritti umani perché, indebolendo gli apparati statali e la pubblica amministrazione, lascia i cittadini abbandonati a se stessi, privandoli della possibilità di godere di diritti civili come le pari opportunità e un equo trattamento davanti alla legge. Infine, la corruzione rallenta lo sviluppo perché scoraggia gli investitori più corretti ed efficienti. Per tutti questi motivi, la Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha ritenuto opportuno firmare l’appello che scade il 20 agosto e che può essere letto integralmente sul sito sopra indicato.

Articolo di Sabina Siniscalchi su Eticamente: persona, economia, finanza, Settembre 2009