Avete presente Barclays, vero? Uno dei grandi player bancari del pianeta: presente in oltre 50 paesi con 129.400 dipendenti, per un totale di asset pari a 1,133 trilioni di sterline nel 2018. Ovviamente anche Barclays è stata folgorata sulla strada di Damasco dalla sostenibilità e ha prontamente messo in scaffale conti correnti sostenibili e ha lanciato i “green trade loan”, prestiti per aiutare le imprese a sviluppare progetti o fornire nuovi servizi sostenibili. Era il 2018 e di questi green trade loans avrebbero potuto usufruire le imprese con “finanziamenti commerciali verdi” solo per determinate attività, quali l’efficienza energetica, lo sviluppo di energie rinnovabili, i trasporti sostenibili e la gestione dei rifiuti. Una notizia che sembrava confermare lo spostamento verso la sostenibilità anche del comparto finanziamenti.
Oggi, però, un gruppo di azionisti critici guidati da ShareAction è riuscito a presentare una mozione nell’Assemblea degli azionisti di Barclays che si svolgerà a maggio in cui chiede alla banca multunazionale di cambiare politica spostandosi decisamente dal finanziamento delle imprese dei combustibili fossili all’energia rinnovabile. Per aderire davvero agli impegni dell’accordo di Parigi della COP21 contro i cambiamenti climatici e per tutelare la solidità stessa dell’azienza. Sì, perché nonostante la grande comunicazione sulla svolta green della finanza, le banche continuano a pompare miliardi di dollari nei combustibili fossili: dalla firma dell’accordo di Parigi (dicembre 2015), si calcola che le 33 maggiori banche mondiali abbiano investito 1,9 trilioni di dollari nel settore, con Barclays responsabile per 85 miliardi di dollari, collocandosi così in un “onorevole” sesto posto al mondo, ma leader assoluto fra le banche europee.
Gli azionisti critici chiedono dunque che Barclays si allinei, nel finanziamento del settore energetico, agli obiettivi di Parigi. Presentare una mozione in questo genere di consessi è già in sé un risultato importante (e ShareAction ci è riuscita grazie anche al sostegno di altri 11 investitori istituzionali; un po’ come noi facciamo con la nostra rete Shareholders for Change); ma ancor più è importante considerare le motivazioni con cui viene sostenuta questa mozione. Chiaramente si dimostra come la svolta sostenibile sia per la Barclays una operazione più di marketing che di sostanza. Un bel problemino per una banca che è fra i fondatori dei Principles for Responsible Bankingdelle Nazioni Unite.
Tuttavia è interessante notare come ShareAction motiva la propria mozione con l’obiettivo di “promuovere il successo a lungo termine dell’azienda”. Sì perché i rapporti della Task Force costituita nell’ambito dell’accordo di Parigi che si occupa della trasparenza finanziaria legata al clima e quelli del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite sugli impatti sul riscaldamento globale, di fronte a un aumento di 1,5°C della temperatura del globo, evidenziano come il passaggio da 1,5° a 2° di aumento causerebbero danni economici addizionali da 8,1 a 11,6 trilioni di dollari entro il 2050. Inoltre Citigroup (non proprio una organizzazione dell’ambientalismo radicale) sottolinea come il mancato raggiungimento dell’obiettivo di mantenere la crescita della temperatura sotto 1,5°C, continuando a finanziare i settori dei combustibili fossili, produrrà ulteriori 50 trilioni di dollari di danni economici e di perdita di produttività entro il 2060. Chi pagherà questi costi? Certamente la collettività dei paesi più direttamente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici; sicuramente le aziende, che sempre più spesso sono chiamate a rispondere di danni connessi ai cambiamenti climatici. Ma è altrettanto vero che l’enfasi che la comunità mondiale sta giustamente mettendo sui rischi connessi ai cambiamenti climatici spinge la concorrenza anche fra i soggetti finanziari a posizionarsi lungo questa direttrice e la concorrenza premia i posizionamenti migliori (e, forse, più coerenti) e punisce chi resta ancorato a vecchi medelli. Così la mozione di ShareAction evidenzia come altri player finanziari europei abbaino intrapreso strade più coraggiose per quanto riguarda il settore energetico: HSBC si è impegnata a non finanziare attività per le quali la maggior parte dell’investimento venga usato per nuovi progetti oil & gas nell’Artico; Crédit Agricole ha indicato un processo di phasing-out dal carbone entro il 2030 per l’Europa e i paesi OCSE, entro il 2040 per la Cina, entro il 2050 per il resto del mondo. Chiaramente, dicono gli azionisti critici, questa tendenza rischia di mettere fuori mercato la “nostra” azienda, Barclays, e per questo incoraggiano l’azienda a non affidarsi troppo sulle tecnologie a emissioni negative per adeguarsi ad obiettivi di phasing-out rispetto alle fossili, perché tali tecnologie potrebbero essere disponibili in tempi troppo lunghi per poter evitare le peggiori conseguenze sull’ambiente e quindi in tempi tali da non evitare i riverberi negativi sulla performance economica dell’azienda.
Insomma, il punto di vista dell’azionista critico è tanto esterno all’azienda, nel senso che si interessa degli effetti non economici delle scelte economico-finanziarie della “sua” azienda; quanto interno, perché si deve interessare dei buoni risultati a lungo termine della stessa.
E, infine la vicenda di ShareAction su Barclays ci dice – cosa particolarmente rilevante per noi di Fondazione Finanza Etica che dal 2008 facciamo attività di azionariato critico – che è importante costruire alleanze con altri investitori istituzionali e che il settore bancario e finanziario è decisivo per indurre cambiamenti nel sistema, anche dal punto di vista dell’azionariato critico.
Questa è una traduzione dalla versione originale in inglese, disponibile qui.
Gentile Signora Lagarde,
Come nuova Presidente della Banca Centrale Europea si troverà ad affrontare molte sfide nei prossimi anni, ma la più importante è come la BCE combatterà i cambiamenti climatici e si adopererà per accelerare la transizione verso un’economia libera da emissioni di carbonio. Durante la Sua audizione al Parlamento Europeo, si è giustamente impegnata a mettere “la protezione dell’ambiente al centro della missione della BCE”. In qualità di accademici, rappresentanti della società civile e dei sindacati, imprenditori e cittadini profondamente preoccupati dai cambiamenti climatici, riteniamo che l’istituzione finanziaria più potente d’Europa non possa rimanere passiva di fronte alla crescente crisi ambientale.
I cambiamenti climatici non solo mettono in pericolo la nostra sopravvivenza, ma compromettono anche la stabilità finanziaria, l’economia reale e l’occupazione. È stato stimato che, senza un effettivo impegno per mitigarli, i rischi fisici legati ai cambiamenti climatici potrebbero comportare perdite fino a 24 trilioni di dollari del valore degli asset finanziari globali[1]. Per tutte queste ragioni, si rende necessario un massiccio trasferimento di flussi finanziari per ottenere una transizione a basse emissioni di carbonio e socialmente equa, e ciò non può essere fatto senza che le banche centrali spingano attivamente il sistema finanziario nella giusta direzione. Questo non solo renderà la nostra economia più sostenibile, ma faciliterà la creazione di posti di lavoro in settori a minore intensità di carbonio.
Sappiamo che la questione è oggetto di discussione tra molte banche centrali che fanno parte del “Network for Greening the Financial System”, compresa la BCE. Ma i progressi sono troppo lenti e il tempo stringe. Non possiamo aspettare anni per studiare i rischi finanziari a lungo termine; le banche centrali devono utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per prevenire proattivamente tali rischi. A questo proposito, desta profonda preoccupazione constatare che la BCE – in nome della neutralità dei mercati – stia ancora acquistando su larga scala asset da società che operano in settori ad alta intensità di carbonio e legati ai combustibili fossili. Se la BCE è veramente preoccupata dei rischi legati al clima, dovrebbe riconoscere che la sua attuale politica monetaria è parte del problema e sta rafforzando un pericoloso status quo.
Senza ulteriori indugi, la BCE dovrebbe impegnarsi a eliminare gradualmente dal proprio portafoglio asset ad alta intensità di carbonio, iniziando con l’immediato disinvestimento dalle attività connesse ai fossili. Senza attendere la “tassonomia verde” sviluppata dalla Commissione Europea, i criteri di impatto climatico dovrebbero essere utilizzati per controllare tutte le attività attualmente ammissibili per operazioni di politica monetaria.
Come ha dimostrato la risposta all’emergenza dell’ultima crisi finanziaria, le banche centrali non mancano di immaginazione quando la situazione lo richiede. Sotto la Sua guida, la BCE potrebbe impiegare una analoga creatività nell’affrontare le minacce dei cambiamenti climatici, riprogettando o rifinanziando operazioni di “Quantitative Easing” per garantire il sostegno a investimenti che contribuiscano alla transizione verde.
Dovrà inevitabilmente affrontare la resistenza ideologica di coloro che pensano che le banche centrali dovrebbero lasciare ad altri le politiche climatiche e rimanere neutrali rispetto ai mercati. Ma è ora di rivedere questo principio. Se si è d’accordo con Nicholas Stern che “il cambiamento climatico è un risultato del più grande fallimento del mercato che il mondo abbia visto“, l’idea che la politica monetaria dovrebbe semplicemente rispecchiare il mercato equivale ad aggiungere un fallimento normativo a quello di mercato.
D’altro canto, troverà anche un forte sostegno politico a supporto di un’azione risoluta in questa direzione. La lotta ai cambiamenti climatici è uno dei principali obiettivi politici dell’UE e, in quanto tale, rientra nel Suo mandato come definito dall’articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come è stato confermato più volte dal Parlamento europeo[2]. Inoltre, la BCE, in quanto istituzione dell’UE, è giuridicamente vincolata dall’Accordo di Parigi sul clima. In caso di dubbi su questo punto in futuro, può avere piena fiducia che il Parlamento europeo – al quale la BCE è tenuta a rispondere – fornisca ulteriori chiarimenti e orientamenti sul ruolo che la BCE dovrebbe svolgere nell’ambito della più ampia strategia climatica dell’UE.
Se Lei è seriamente intenzionata a porre la BCE in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico, può contare sul nostro sostegno per contribuire a questo dibattito in modo costruttivo e democratico.
[1] Dietz, Simon, Bowen, Alex, Dixon, Charlie and Gradwell, Philip (2016) ‘Climate value at risk’ of global financial assets. Nature Climate Change, 6. pp. 676-679. ISSN 1758-678X
European Federation of Ethical and Alternative Banks & Financiers (FEBEA)
UNI-Europa
Stockholm Resilience Centre
Finance Watch
Institute for Climate economics (I4CE)
WWF European Policy Office
Fondazione Finanza Etica
World Future Council
Finanzwende
ASUFIN
FEPS
IPSO ECB Trade Union
The Club of Rome
Positive Money Europe
Veblen Institute for Economic Reforms
Centre des Jeunes Dirigeants
Greenpeace France
Fondation Nicolas Hulot
Attac Germany
The Shift Project
Rethinking Economics
Institut Louis Bachelier
KEDGE Business School
WEED – World Economy, Ecology & Development
Attac France
AXYLIA
org
Society for International Development (SID)
Fondation Copernic
Urgewald
Sauvons l’Europe
BankTrack
Chaire Positive Business – Université Paris Nanterre
PowerShift e.V.
FISAC/CGIL
Sunrise Project
Green Economy Coalition
SOMO
Greentervention
The Green New Deal for Europe
European Alternatives
Greenpeace International
Réseau Action Climat
Fair Finance Institute
Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV)
Monetative e.V.
Observatorio de la Deuda en la Globalización
Attac Austria
Asociación de las Comunidades Autofinanciadas
Réseau International de recherche sur les Organisations et le Développement Durable (RIODD)
Schutzstation Wattenmeer
SDSN France
Edgeryders
WECF France
FISAC/CGIL
Banca Etica
Alofa Tuvalu
Firme dagli esperti individuali
Adam Tooze, Professor, Columbia University, European Institute, USA
Adair Turner, Chairman, Energy Transitions Commission & Former Chairman of the UK Financial Services Authority, UK
Tim Jackson, Professor, University of Surrey, UK
Herman Wijffels, Former CEO at Rabobank, Netherlands
Panicos Demetriades, Professor of Financial Economics, University of Leicester, UK
Jézabel Couppey-Soubeyran, Professeur, Université de Paris 1 Panthéon-Sorbonne, France
Nick Robins, Professor, Grantham Institute on climate change and the Environment, UK
Rens van Tilburg, Director, Sustainable Finance Lab, Netherlands
Francesco Papadia, Senior Fellow, Bruegel, Belgium
Dominique Plihon, Professeur émérite, Université Sorbonne Paris Nord, France
Vincent Aussilloux, Head of the Economics Department, France Stratégie, France
Benjamin Braun, Senior Researcher, Max Planck Institute for the Study of Societies, Germany
Andrew Watt, Macroeconomic Policy Institute (IMK), Germany
Miguel Otero-Iglesias, Professor, IE School of Global and Public Affairs, Spain
Jacob Funk Kirkegaard, Senior Fellow, PIIE, USA
Jeroen van den Bergh, Professor of environmental economics, Universitat Autònoma de Barcelona, ICREA & Vrije Universiteit Amsterdam, Spain & The Netherlands
Jacqueline Cramer, Professor & Former Minister of the Environment, Utrecht University, Netherlands
Rick van der Ploeg, Professor of Economics, University of Oxford, UK
Hans Schenk, Emeritus Professor, Utrecht University, Netherlands
Dirk Schoenmaker, Professor of Banking and Finance, Erasmus University Rotterdam, Netherlands
Irene van Staveren, Professor of pluralist development economics, Erasmus University Rotterdam, Netherlands
Pier Vellinga, chairman of various boards and academic professor, Netherlands
Bert de Vries, Prof. em., Utrecht University / SFL, Netherlands
Lara Lázaro Touza, Lecturer, Universidad Complutense de Madrid, Spain
Alain Grandjean, Fondateur, Carbone4, France
Mark Blyth, Professor, Brown University, USA
Joze Damijan, Professor of Economics, University of Ljubljana, Slovenia
Koen Schoors, Professor Economics, Ghent University, Belgium
Dirk Ehnts, Technical University of Chemnitz, Germany
Eric Lonergan, Economist, UK
Sergio Rossi, Professor of Economics, University of Fribourg, Switzerland
Henk de Vos, Retired associate professor, Netherlands
Hubert Kempf, Professor, Ecole Normale Supérieure Paris Saclay, France
Michaël Malquarti, Promoter of a monetary reform and published author, Switzerland
Hugues Chenet, Honorary Senior Research Associate, University College London, France
Jean Hetzel, Expert Green Finance, France Nature Environnement, France
Nadia Ameli, University College London, UK
Yamina Tadjeddine, Professeure de sciences économiques, Université de Lorraine, France
Sebastian Diessner, Researcher, European University Institute (EUI), Italy
Catherine Karyotis, NEOMA Business School, France
Jean Christophe Carteron, CSR Director, KEDGE BS, France
Laurence Le Poder, Associate Professor, Kedge Business School, France
Nicolas Mottis, Professor, Ecole Polytechnique, France
Tim Foxon, Professor of Sustainability Transitions, SPRU, University of Sussex, UK
Luis Reyes, Professor of Finance, Kedge Business School, France
Jörg Haas, Head of Division International Politics, Heinrich Böll Stiftung, Germany
Frank Van Lerven, Senior researcher, New Economics Foundation
Oliver Picek, Senior Economist, Momentum Institut, Austria
Irene Monasterolo, Assistant Professor, Climate Economics and Finance, Vienna University of Economics and Business (WU), Austria
Denis Dupré, Professor of finance and ethics, Université Grenoble-Alpes, France
Philippe Givry, Professor of finance, Kedge Business School, France
Paul Dermine, Expert in EMU Law, Maastricht University, Belgium
Léo Charles, Maître de conférence, Université Rennes 2, France
Regis Marodon, Conseiller finance durable, Agence Française de Développement, France
Pierre Cours-Salies, Professeur émérite Sociologie, France
Anaïs Henneguelle, Assistant Professor in Economics, Université de Rennes 2, France
Léo Malherbe, PhD student, Université de Bordeaux, France
Ludovic Suttor-Sorel, Research officer, Finance Watch – TEG member, Belgium
Christiane Bernard, CGT, France
Johann Walter, Prof. Dr., Westfälische Hochschule Gelsenkirchen (University of Applied Sciences), Germany
David Bourghelle, Professor, Lille University, France
Enrico Giovannini, Full professor of statistics and economics, University of Rome Tor Vergata, Italy
Olivier Gergaud, Professor, Kedge Business School, France
Nicoletta Dentico, Director, Health Innovation in Practice (HIP), Italy
Lídia Brun Carrasco, Economist, Université Libre de Bruxelles, Spain
Claude Calame, Directeur d’études EHESS, ATTAC, France
Janie Arneguy, Conseillère Municipale Ensemble, Ensemble, France
Carlos Alvarez-Pereira, President, Innaxis Foundation, Spain
Matthias Kroll, Chief Economist, World Future Council, Germany
Marion Cohen, President, MC Conseil, France
Axel Troost, Geschäftsführer, Arbeitsgruppe Alternative Wirtschaftspolitik e.V., Germany
Esther Regnier, Doctor, University of Brest, France
Nicholas Dorn, Part-time course lecturer, Financial sociologist, Institute of Advanced Legal Studies, London, UK
Padraic Kenna, Director, Centre for Housing Law Rights and Policy, Ireland
Nicolas Huchet, lecturer, Université de Toulon, France
François Chantran, Attac, France
Frederique Dejean, Professor, Paris Dauphine PSL, France
Marc Lenglet, Associate Professor, NEOMA Business School, France
Aurélien Decamps, Associate Professor, KEDGE Business School / Sulitest.org, France
Nicolas Rose, Chargé de mission innovation & Référent développement durable, Région Nouvelle-Aquitaine, France
Jens van’t Klooster, FWO Postdoctoral Fellow, KU Leuven, Belgium
Stephanie Jalabert, Adjunct professor in Management accounting, International University of Monaco
Pierre Lachaize, Directeur, Innovation Durable Consulting, France
Nicolas Postel, Professor of economics, University of Lille, France
Dimbi Ramonjy, Associate professor, La Rochelle Business School – Excelia group, France
Janina Urban, Research Assistant, Research Institute for Societal Development, Germany
Magalie Marais, Associate Professor/Enseignante-Chercheure, Montpellier Business School, France
Clément Séhier, IMT Lille-Douai, France
Roland Pérez, Professeur (hon.), Université Montpellier, France
Morgane Fritz, Associate Professor in Supply Chain Management, La Rochelle Business School – Excelia Group, France
Michel Capron, Professeur honoraire des universités, Université Paris 8 – Saint Denis, France
Corinne Vercher-Chaptal, Professor, Université Paris 13, France
Dilip Subramanian, Associate Professor, NEOMA Business School, France
Robin Jarvis, Professor, Brunel University, UK
Valentina Carbone, Professor, ESCP Europe, France
Dorothea Schäfer, Research Director in the Macroeconomics Department, DIW Berlin, Germany
Rudolf Hickel, Vorsitzender, Arbeitsgruppe Alternative Wirtschaftspolitik e.V., Germany
Thomas Korbun, Scientific Director, Institute for Ecological Economy Research (IOEW), Berlin, Germany
Steffen Lange, Postdoctoral Researcher, Institute for Ecological Economy Research (IOEW), Berlin, Germany
Davide Castro, Digital Communications and Strategy, DiEM25, Belgium
Matthias Schmelzer, Researcher, Konzeptwerk Neue Ökonomie e.V., Germany
Esther Jeffers, economist, Université de Picardie Jules Verne (UPJV), France
Commenti recenti