Fondazione Finanza Etica per il Gruppo Banca Etica e Fra’ Sole, con la collaborazione di Sisifo, organizzano il convegno “Riparare la nostra casa comune. Laudato si’, economia e finanza etica“, Assisi, Sacro Convento – sabato 1° febbraio 2020.
La finanza occupa una posizione centrale nell’analisi che l’Enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, di Papa Francesco svolge sulla crisi ecologica, sociale e culturale in cui è avvolto il pianeta.
I termini finanza e finanziaria ricorrono 15 volte nell’Enciclica e sempre quali elementi cardine della crisi, ai quali si riconducono gli aspetti di insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo.
L’Enciclica – coerentemente con la proposta di un’ecologia integrale nella quale ogni elemento ambientale, sociale, economico, culturale del modello di sviluppo globale è connesso uno all’altro – individua nella finanza il vero motore di questo modello, causa di squilibri, storture, diseguaglianze, rischi globali.
È la finanza globale il vero dominus di questo sistema.
Essa domina sulla politica, svuotando così la stessa dalla sua funzione di governo, di arte attraverso la quale – nei sistemi democratici – si svolgono i processi di autodeterminazione delle persone e si attuano i diritti universali che le diverse convenzioni internazionali (a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948) hanno posto a fondamento del diritto positivo internazionale. “Degna di nota è la debolezza della reazione politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente” (in VI “La debolezza delle reazioni”, paragrafo 54). La finanza, opaca e impersonale, è la vera incarnazione del potere nel mondo moderno e la politica appare incapace di visioni di ampia portata e, dunque, di governarla: “Si richiede dalla politica una maggiore attenzione per prevenire e risolvere le cause che possono dare origine a nuovi conflitti. Ma il potere collegato con la finanza è quello che più resiste a tale sforzo, e i disegni politici spesso non hanno ampiezza di vedute” (in VI “La debolezza delle reazioni”, paragrafo 57). Così, laddove sarebbe decisivo l’intervento umano per restituire equilibrio a ciò che esso stesso ha messo in crisi, come nel caso della perdita di biodiversità a seguito della introduzione di pesticidi nell’ambiente a sostegno di un’agricoltura intensiva e alterata dalla chimica, questo non avviene perché gli interessi della finanza e del consumo prevalgono: “Ma osservando il mondo notiamo che questo livello di intervento umano, spesso al servizio della finanza e del consumismo, in realtà fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia, mentre contemporaneamente lo sviluppo della tecnologia e delle offerte di consumo continua ad avanzare
senza limiti” (in III “Perdita di biodiversità”, paragrafo 34).
Tutta l’Enciclica è pervasa dai riverberi della elaborazione della cultura del limite che dalle ricerche sull’ecologia culturale degli anni ’50 (quel filone di ricerca delle scienze etnoantropologiche che investiga le relazioni tra gli aspetti socio-culturali dei gruppi umani e l’ambiente nel quale vivono, in stretto rapporto con altre discipline quali ecologia, geografia umana, biologia, archeologia, economia, demografia) giunge fino alle attuali elaborazioni dell’ambientalismo scientifico. Di nuovo, la finanza è la rappresentazione perfetta di una pratica dello sviluppo e dell’economia nella quale è concepibile una crescita illimitata. Infatti, è la finanza che ha reso possibile una crescita del tutto distaccata dall’economia reale, attraverso la speculazione finanziaria e la creazione di denaro da denaro come fine ultimo della teoria economica. Sulla crescita senza limiti: “Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende a ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l’essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti. Da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia” (in II “La globalizzazione del paradigma tecnocratico”, paragrafo 106).
La torsione speculativa della finanza contemporanea sta alla base di questa illusione di una crescita illimitata e neutra rispetto ai sistemi fisici: “Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi” (in VI “La debolezza delle reazioni”, paragrafo 56).
Una crescita senza limiti, un miraggio pericoloso, che è diventata realtà grazie alla finanza, ma a discapito dell’economia reale: “Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione ad eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale . Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale” (in II “La globalizzazione del paradigma tecnocratico”, paragrafo 109).
La crisi economico-finanziaria del 2007-2008 ritorna spesso nell’Enciclica come il momento in cui il modello di sviluppo globale ha mostrato le sue intrinseche debolezze e la sua fallacia rispetto ai suoi stessi presupposti. L’Enciclica coglie soprattutto due aspetti di questo evento: il suo manifestarsi come sistema globale (e non comprensibile con i tradizionali strumenti interpretativi nazionali della politica e dell’economia) e l’illusorietà di un sistema che si pretende al di sopra delle dinamiche economiche, sociali e ambientali. “Il XXI secolo, mentre mantiene una governance propria di epoche passate, assiste ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica” (in cap. quinto ”Alcune linee di orientamento e di azione”, paragrafo 175). Una dimensione che l’Enciclica denuncia come irriformata anche a seguito della crisi del 2007-2008: “Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma il dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà generare solo nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale” (in cap.quinto, IV “Politica ed economia in dialogo per la pienezza umana”, paragrafo 189). E sempre nelle stesse pagine l’Enciclica sottolinea come la finanza, per quanto viva il suo delirio di onnipotenza al di sopra dell’economia reale, fa ricadere gli effetti delle sue crisi proprio in questi ambiti: “La bolla finanziaria di solito è anche una bolla produttiva. In definitiva, ciò che non si affronta con decisione è il problema dell’economia reale, la quale rende possibile che si diversifichi e si migliori la produzione, che le imprese funzionino adeguatamente, che le piccole e medie imprese si sviluppino e creino occupazione…” .
C’è, dunque, anche una riflessione critica sui meccanismi della finanza che, collegata alla tecnologia, ha preteso nelle teorie liberiste di trovare intrinsecamente soluzioni a qualsiasi problema pur causato dal proprio funzionamento. Ma finanza e tecnologia sono oggi incapaci, nonostante i loro impensabili sviluppi soltanto qualche decennio fa, di comprendere quella che potremmo definire con Gregory Bateson in “Mente e natura” , la struttura che connette , quel sistema di collegamenti che definiscono il “contesto” di cui si compone il nostro mondo, nel quale “la logica e la quantità si dimostrano strumenti inadeguati per descrivere gli organismi, le loro interazioni e la loro organizzazione interna”[1]. Analogamente, l’Enciclica: “La tecnologia che, legata alla finanza , pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri” (in cap. primo “Quello che sta accadendo alla nostra casa” , paragrafo 20).
Ora, se l’analisi del ruolo della finanza in “ciò che sta accadendo alla nostra casa” è assai circostanziato e ben articolato, non altrettanto forse è definito il ruolo che una diversa economia e una diversa finanza da quella mainstream possono concretamente fare per riparare questa nostra casa comune.
Di nuovo, l’Enciclica mette in evidenza come le soluzioni a questo squilibrio debbano essere strutturali, andando nel profondo a comprenderne le cause, evitando scorciatoie o vuoti nominalismi. Essa fa esplicito riferimento ai rischi di greenwashing intorno alla parola magica della “sostenibilità” o della “finanza sostenibile” che, talvolta, può essere usata come un passpartout per operazioni di solo marketing: “In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di
immagine” (in cap. quinto, paragrafo 194).
Tuttavia, l’Enciclica può (deve, secondo noi) essere il viatico per una riflessione costruttiva e innovativa sulla finanza stessa. Può la finanza, una diversa finanza, svolgere un ruolo positivo nel sostenere una diversa idea di sviluppo economico e produttivo che ripari la casa rovinata e la predisponga per una diversa stagione della sua vita? Può, nella sostanza, tornare ad essere ciò per cui essa nasce, cioè far incontrare domanda e offerta di denaro per lo sviluppo sociale, ambientale, umano della società? E se sì, quale deve essere la caratteristica di questa diversa finanza? Quali i parametri per individuarne gli effettivi e positivi impatti sociali e ambientali? Rispetto alla Laudato si’, che contributo può dare la finanza etica (così come praticata negli ultimi decenni da molte istituzioni finanziarie in Europa, nel mondo e in Italia e, di recente, statuita nella legge italiana che identifica gli operatori di finanza etica, art.111 bis TUB) a questo cambiamento? Come possono queste esperienze “contagiare” la finanza mainstream affinché tutta la “finanza cinica” possa diventare “finanza etica”? Quale contributo possono dare i legislatori affinché le norme ad ogni livello – locale, nazionale, europeo, internazionale – possano effettivamente incentivare la conversione della finanza mainstream in una finanza eticamente orientata e, allo stesso tempo, disincentivare, regolare, sanzionare le inadempienze della “finanza cinica”? Che ruolo possono avere i risparmiatori e gli investitori istituzionali in questo cambiamento? Disinvestimento da imprese coinvolte in combustibili fossili, armi e altri settori “cinici”, azionariato critico e attivo, scelte consapevoli nell’uso dei propri risparmi possono avere un’efficacia nell’innescare cambiamenti più ampi e profondi? E, last but not least , le banche, il loro management e i loro operatori possono avere un ruolo in questo epocale cambiamento richiamato dalla Laudato si’, oppure resteranno spettatori muti e, talvolta, anche complici?
Il Manifesto di Banca Etica sembra dialogare molto con i contenuti della Laudato si’, in primo luogo laddove il Manifesto concepisce l’idea stessa della sostenibilità di una società, nella quale i tre pilastri “lo sviluppo economico, la coesione sociale, la tutela ambientale – sono pensati in modo fortemente integrato”. L’interdipendenza, che è uno dei fondamenti dell’ecologia integrale di Papa Francesco, è anche l’architrave che tiene uniti i cinque elementi, le cinque dimensioni della nuova economia (la dimensione comunitaria, la relazione, la reciprocità, la legalità, la dimensione sociale e ambientale). Del resto il Manifesto , in premessa e programmaticamente afferma che “oggi le grandi sfide si affrontano solo in una logica di interdipendenza, solidarietà, giustizia e cura della Terra”.
Analogamente il Manifesto risponde al punto che la Laudato si’ sottolinea in più passaggi, cioè il distacco fra l’attività finanziaria prevalente di oggi e l’economia reale. In primo luogo affermando la necessità che l’economia e la finanza tornino a essere “al servizio della società e non viceversa”. In secondo luogo affermando “il primato del lavoro sulla rendita da capitale nella produzione del reddito” e impegnando la Banca nella sua funzione di intermediazione finanziaria a “rendere mobile la ricchezza … creando un capitale che è allo stesso tempo umano, sociale, materiale, immateriale, economico e finanziario” .
Il Manifesto, fatto centro su questi principi e valori, delinea anche un ambito di impegno e di attività che – oltre la propria mission strategica di erogare credito e, dunque, garantire il credito come diritto della persona – possano delineare una riforma strutturale del mondo della finanza per farlo corrispondere a questi principi.
Così vengono indicati alcuni obiettivi e strumenti di riforma che, anche in vista dell’iniziativa The Economy of Francesco che si svolgerà ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020, possono essere oggetto di confronto per tradurre le indicazioni contenute nella Laudato si’ in concreti passi per la riforma del sistema. Fra quelle indicate nel Manifesto si ricorda la Tassazione sulle Transazioni Finanziarie, l’eliminazione dei paradisi fiscale, la separazione fra le banche commerciali e le attività speculative svolte dalle banche e dalle istituzioni finanziarie, la definizione di standar stringenti relativi alle attività cd. di “finanza sostenibile” al fine di evitare operazioni di marketing dietro le quali continuare il business as usual delle istituzioni finanziarie mainstream, l’azionariato critico e attivo quale leva per la partecipazione attiva degli investitori nella gestione di grandi imprese (talvolta a partecipazione statale) che tengano in considerazione le ricadute non economiche della scelte finanziarie.
Di questo vogliamo discutere nel seminario su Laudato si’ e finanza etica che organizziamo ad Assisi, presso il Sacro Convento dei frati francescani il prossimo 1° febbraio 2020, da intendersi anche come un contributo del Gruppo Banca Etica al percorso che porterà i giovani economisti chiamati dal Papa a discutere dell’Economia di Francesco.
[1] Gregory Bateson, Mente e natura, Adelphi, 1979 .