L’azionariato critico

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Azionariato critico gli azionisti rompiscatole che migliorano l'etica delle aziende

Cosa è l’azionariato critico e perché migliora l’etica delle aziende

Le dimensioni e il ruolo della finanza sono diventati sempre più rilevanti negli ultimi anni.
Una delle conseguenze più evidenti di questa tendenza è la cosiddetta “finanziarizzazione dell’economia”.
Con questo termine si indica il progressivo trasferimento di risorse – e di potere – dall’economia produttiva verso i mercati finanziari. Il capitale azionario di un numero sempre maggiore di imprese è detenuto da investitori istituzionali, quali fondi pensione e di investimento, fondi hedge, private equity. L’obiettivo di questi soggetti non è lo sviluppo di lungo termine delle imprese ma la massimizzazione del profitto, in termini di dividendi e plusvalenza sui titoli detenuti. Per soddisfare le richieste di questi attori, quindi, i parametri di riferimento per i dirigenti delle imprese diventano l’aumento del prezzo dei titoli sui mercati finanziari e lo stacco di dividendi generosi, con obiettivi di breve periodo.

In termini più generali le imprese fanno sempre più l’interesse degli azionisti – shareholders – mettendo in secondo piano le aspettative di altri portatori d’interesse – stakeholders – come lavoratori, clienti, fornitori, comunità locali.
Se le conseguenze negative della “finanziarizzazione” sono evidenti, un uso responsabile degli strumenti finanziari può dare nuove possibilità per monitorare il comportamento socio-ambientale delle imprese e per fare pressione affinché siano rispettati i diritti umani e l’ambiente, messi in secondo piano in nome del profitto.

In molti Paesi, organizzazioni della società civile e reti di piccoli azionisti hanno dato vita a una nuova forma di intervento: l’azionariato critico.

Grazie all’acquisto di azioni (anche in quantitativi simbolici), gli attivisti hanno iniziato a intervenire alle assemblee annuali delle imprese come azionisti, portando all’attenzione dei consigli di amministrazione di grandi società multinazionali le violazioni dei diritti umani o le controversie ambientali nelle quali sono coinvolte.
L’azionariato critico ha già dato risultati significativi.
Le grandi imprese, molto spesso sorde alle proposte dei consumatori, delle campagne e dei movimenti, sono generalmente più attente alle richieste provenienti dagli azionisti. Gli azionisti, infatti, in quanto “comproprietari”, acquistano il diritto di partecipare alla vita delle società e di ottenere risposte su questioni ambientali o sociali che possano avere un impatto negativo sui risultati finanziari dell’impresa.
La grande sfida dell’azionariato critico è proprio questa: dimostrare alle imprese che se non si interessano sufficientemente alle conseguenze delle proprie azioni sul clima, sugli ecosistemi o sulle comunità di riferimento, la loro condotta potrebbe mettere in pericolo la stessa capacità di generare profitti per gli azionisti, a causa della sottovalutazione di rischi potenziali, possibili sanzioni, danni alla reputazione, e quindi al marchio che per molte società, in particolare quelle che si rivolgono direttamente ai consumatori, è uno dei beni più preziosi.

Inoltre, l’azionariato critico ha lo scopo di far capire agli amministratori che i “rompiscatole” sono fondamentali per mantenere vive le aziende, perché «nel cuore stesso delle organizzazioni c’è una lotta in corso tra coloro che cercano di affermare il potere e coloro che cercano di resistergli e forse distruggerlo. È questa lotta che dà alle organizzazioni un senso di vitalità e un impulso politico di rigenerazione».

 

Azionisti critici o attivi? Una differenza non solo formale

Mentre nel mondo anglosassone si usa generalmente il termine “shareholder engagement” per identificare tutte le iniziative di azionariato responsabile, in italiano si usano almeno due termini diversi, perché diversi possono essere gli attori, le condizioni di partenza, gli obiettivi, gli strumenti usati. In particolare si parla di “azionariato critico”, di cui tratta nello specifico questo rapporto, e di “azionariato attivo”.
In comune tra questi due concetti c’è il fatto di essere promossi da azionisti di una società, il desiderio di influenzare il comportamento di un’azienda di cui si possiedono azioni, l’idea di renderle più responsabili in termini ambientali, sociali e di governance (buon governo).
Ma ci sono anche molte differenze: nella scelta delle imprese con cui dialogare, nelle domande da porre in assemblea e non solo, negli obiettivi che si intende raggiungere.

In particolare, l’azionariato attivo ha lo scopo di migliorare ulteriormente il comportamento di imprese a cui viene spesso già riconosciuto un buon profilo di responsabilità sociale, che permette loro di essere selezionate, per esempio, all’interno dei portafogli di fondi comuni di investimento etici. Mentre l’azionariato critico è rivolto principalmente a imprese che sono accusate di gravi violazioni in campo socio-ambientale e di governance (per esempio per il sospetto coinvolgimento in casi di corruzione internazionale), e ha lo scopo di denunciare le conseguenze negative derivanti da tali comportamenti.
In Italia gli esempi più chiari di queste due strategie sono Fondazione Finanza Etica ed Etica Sgr.
Fondazione Finanza Etica promuove iniziative di azionariato critico dal 2007, acquistando un numero simbolico di azioni (spesso anche una sola) di aziende coinvolte in pratiche molto controverse che sono oggetto di campagne di associazioni ambientaliste, pacifiste o per la tutela dei diritti umani. Le azioni sono acquistate con il solo scopo di poter entrare a fare domande in assemblea e ottenere risposte come azionisti.
Etica Sgr, invece, investe attivamente (tramite i suoi fondi comuni di investimento etici) in imprese “buone”, selezionate in base a una serie di criteri ESG (ambiente, sociale, governance), di cui detiene consistenti pacchetti azionari.
Ecco come spiegano le due forme di azionariato responsabile i diretti protagonisti:

Aldo Bonati Etica Sgr  Aldo Bonati, Corporate engagement and networks manager di Etica sgr
«Le aziende con cui portiamo avanti attività di azionariato attivo sono presenti nel nostro portafoglio di investimento e, di conseguenza, hanno già superato una serie di selezioni. Per esempio escludiamo a priori aziende che producono armi, petrolio, tabacco. Sono quindi aziende che hanno superato un primo esame. Ma tutte hanno dei margini di miglioramento. Noi lavoriamo su questi, li individuiamo e poniamo delle domande al management, chiedendo anche modifiche e integrazioni nella strategia aziendale».

 

Andrea Baranes Banca Etica Andrea Baranes, già Presidente di Fondazione Finanza Etica e ora vice-presidente di Banca Etica.
«Fondazione Finanza Etica Utilizza l’azionariato critico come strumento per cercare di migliorare il comportamento di aziende che,a nostro avviso, non sono virtuose. Possiamo quindi parlare di vere e proprie critiche nei loro confronti. Scegliamo imprese che, in base alle nostre analisi e alle segnalazioni di realtà della società civile, hanno comportamenti altamente dannosi per l’ambiente o per i diritti umani. Imprese che costruiscono dighe con forti impatti sull’ambiente (come in passato Enel nella Patagonia cilena), che producono armi (come Leonardo e Rheinmetall), che continuano a estrarre petrolio (come Eni)».

 


In alcuni casi gli azionisti critici usano un linguaggio diverso, più aggressivo, rispetto agli azionisti attivi, che adottano un approccio più istituzionale. E, se necessario, accompagnano la partecipazione all’assemblea con manifestazioni o flash mob davanti alla sede dell’incontro o con l’esposizione di striscioni, in modo da attirare l’attenzione della stampa e degli altri azionisti.

 

 

Questo articolo ripende alcune pagine di Azionariato critico. Storia, strumenti e successi, a cura di Mauro Meggiolaro, il primo lavoro organico in Italia che descriva la storia dell’azionariato critico dalle sue origini.