L’elusione fiscale non è inevitabile per chi sceglie il Lussemburgo

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Non solo elusione fiscale Trasparenza e legalità sono possibili anche in Lussemburgo. Ma all’Europa serve armonizzazione fiscale

 

Le conseguenze della pandemia da Covid-19 e le misure messe in campo dall’Unione Europea per contenere la recessione e rilanciare l’economia, auspicabilmente nel segno della sostenibilità e della solidarietà, hanno riportato alla ribalta lo spinoso tema del dumping fiscale all’interno dell’Unione. Con Paesi come l’Olanda e il Lussemburgo che sul piano politico recitano la parte dei “frugali” e frenano sui progetti più ambiziosi di Recovery Fund ai danni dell’Italia, mentre sul piano economico sottraggono risorse agli altri Paesi economici grazie ai loro sistemi fiscali spesso molto “generosi” con chi persegue l’elusione fiscale.

Il Gruppo Banca Etica – da sempre impegnato contro ogni pratica di evasione o elusione fiscale (rifiutiamo il denaro che rientra con i frequenti condoni o voluntary disclosure, selezioniamo le aziende su cui investire anche in base alla loro correttezza fiscale, etc) – si è trovato nella necessità di usufruire di alcuni servizi finanziari offerti dal Lussemburgo. Una scelta arrivata a conclusione di una analisi approfondita che desideriamo condividere.

 

Cos’è il Lussemburgo?

Il Lussemburgo, si sa, è l’ultimo Granducato del mondo. Piccolo paese di 620mila abitanti, fondatore dell’Unione Europea, della NATO, del Benelux e delle Nazioni Unite; un PIL pro capite stellare di 114,234 $.

Ma cos’è davvero il Lussemburgo? Possiamo dire, senza tema di smentita, che è un enorme hub finanziario con un’economia determinata per l’86% da servizi bancari e finanziari. Il Lussemburgo, in particolare, è specializzato nel fornire servizi finanziari anche per molte istituzioni finanziarie europee e mondiali, si stima intorno al 55% dei servizi finanziari offshore e del 12% di quelli globali, facendone il secondo paese dopo gli Stati Uniti per fondi d’investimento qui residenti.

 

Quanto è trasparente, il Lussemburgo?

Dal 2013, quando ha aderito a molti standard internazionali sulla trasparenza, e soprattutto a partire dall’emersione dello scandalo dei Luxleaks e alla fine del governo Junker (vero architetto del paradiso fiscale che era diventato il piccolo paese), il Lussemburgo ha fatto importanti passi avanti sulla strada della trasparenza fiscale, per quanto resti un porto franco fiscale se avete da opere d’arte, lingotti d’oro o titoli al portatore da custodire. Per questo il Lussemburgo figura ancora tra i Paradisi Fiscali denunciati, tra gli altri, da Oxfam e Tax Justice Network.

Effettivamente tutt’oggi in Lussemburgo operano uffici legali e bancari in grado di fornire “privacy” dietro partenariati e che consentono di non rivelare informazioni su chi possieda davvero aziende e fondi finanziari. Questi evidenti e persistenti problemi di trasparenza non riguardano però chi sceglie società di servizi finanziari trasparenti ed etici e pretende da loro policies fiscali corrette. Fatta questa prima selezione – tra operatori opachi e operatori trasparenti – è indubbio che il Lussemburgo offra una infrastruttura particolarmente efficiente e completa per chi sviluppa servizi finanziari.

 

Come il Gruppo Banca Etica si è relazionato con il Lussemburgo e perché

Anche nel Gruppo Banca Popolare Etica ci siamo dovuti porre il problema di come relazionarci con il Lussemburgo quando – su richiesta dei nostri soci e clienti spagnoli – è emersa l’esigenza di collocare i nostri fondi di investimento etici anche in Spagna. Per una società italiana e con sede in Italia collocare prodotti finanziari all’estero può essere infatti estremamente complesso e oneroso dal punto di vista normativo.

Abbiamo avviato un lavoro ampio e profondo di analisi, per soppesare pro e contro (anche dal punto di vista reputazionale oltre che da quello tecnico-operativo), che ha portato la nostra Etica sgr a scegliere di costituire una Sicav quale veicolo di investimento estero per collocare i propri fondi in Spagna (ma potenzialmente nel futuro anche in altri paesi europei), avente sede in Lussemburgo. Una scelta svolta in coerenza con quanto i network internazionali della finanza etica di cui il Gruppo Banca Etica è parte stabiliscono quali orientamenti per le banche etiche a esse aderenti.

FEBEA (Federazione europea della banche etiche e alternative) tra i suoi “Criteria and Values for the use of money” dichiara infatti che “Una banca etica non istituisce filiali con obiettivi finanziari o fiscali in paesi con un alto livello di discrezionalità finanziaria. Al contrario, la presenza di una banca etica in questi paesi è fondamentale per la diffusione e il supporto di procedure e pratiche finanziarie trasparenti”.
GABV (Global Alliance for Banking on Values), inoltre, sostiene che operare in alcuni Paesi per finalità legate alla finanza etica è consentito e consigliato e sottolinea come in Lussemburgo, da molti anni, ci siano importanti progetti legati alla microfinanza.

Questo lavoro di valutazione, svolto mantenendo fermi i nostri principi di legalità, trasparenza e coerenza con i nostri valori , ha messo in evidenza almeno due elementi generali, che vale la pena qui richiamare:
1. la carenza di norme per l’armonizzazione fiscale a livello di Unione europea è ciò che ha consentito di sviluppare all’interno dell’Unione paesi a fiscalità privilegiata che oltre a comportarsi per certi aspetti come veri e propri paradisi fiscali (pur non risultando nella black list della Ue proprio e solo in virtù del loro status di Paesi membri), sviluppano una forma di concorrenza fiscale e finanziaria verso gli altri Paesi membri che è l’esatto opposto dei principi di solidarietà e coesione che vengono predicati nell’Unione.
2. è però possibile, anche in questi paesi, scegliere forme di gestione dei veicoli di investimento e di servizi finanziari che informano la propria attività a criteri di trasparenza, correttezza fiscale ed eticità.

L’elusione fiscale, insomma, non è un destino inevitabile per chi mette piede in Lussemburgo: di nuovo è questione di scelte.

 

La scelta del Gruppo Banca Etica

La decisione di collocare fondi etici in Spagna risponde all’obiettivo di portare il modello della finanza etica anche fuori dai nostri confini nazionali e consentire a soci e clienti del Gruppo (il collocamento dei fondi in Spagna avverrà inizialmente solo attraverso Fiare Banca Etica) di disporre di una gamma di strumenti per gestire i propri risparmi in modo completamente conforme ai principi della finanza etica e allo stesso tempo efficiente.
In particolare la decisione di Etica sgr, coerentemente con la propria strategia in Italia, è quella di promuovere per la clientela retail OICR aperti armonizzati.

Gli OICR armonizzati, cioè sottoposti alla Direttiva europea UCITS, prevedono che i proventi prodotti dall’investimento siano sempre assoggettati a tassazione nel Paese di residenza del sottoscrittore, secondo le regole di quel Paese. Ogni investitore, italiano o spagnolo, pagherà dunque le tasse sui proventi che riceve dall’investimento in questi fondi secondo le aliquote previste dall’Italia o dalla Spagna.

 

La burocrazia ottocentesca delle normative italiane

La normativa italiana prevede che una Sgr (Società di gestione del risparmio) italiana, come Etica sgr, che collocasse fondi di diritto italiano in Spagna, debba fungere da sostituto d’imposta. Ciò significa che un investitore spagnolo che investisse nel fondo italiano di Etica sgr collocato in Spagna dovrebbe attivarsi per evitare di pagare due volte le tasse: sia in Italia sia in Spagna. Il meccanismo per evitare la doppia tassazione è però tutt’altro che semplice o scontato. L’onere di provare al fisco italiano di essere fiscalmente residente in Spagna è, infatti, a carico dell’investitore e può in alcuni casi portare comunque il malcapitato cliente a dover seguire un tortuoso e complicato meccanismo tipico del provincialismo burocratico italiano.

Il cliente residente in Spagna dovrebbe recarsi all’Agenzia delle Entrate italiana, prendere un bel modulo chiamato Tax Exemption Form (il titolo è inglese, ma la forma è ottocentescamente italica), da recapitare a Etica sgr che fa da sostituto d’imposta. Con questo modulo l’investitore, per evitare che il fondo di diritto italiano applichi la doppia tassazione in Italia e in Spagna, dovrebbe indicare il beneficiario effettivo dell’investimento e il suo paese di residenza. Qualora fosse riuscito a sopravvivere a questo intricato garbuglio burocratico, il cliente dovrebbe pure pagare una imposta di bollo introdotta in Italia a fine 2011 che oggi è pari allo 0,2% annuo del controvalore del portafoglio.

Una tale complessità burocratica spingerebbe inevitabilmente l’eventuale investitore spagnolo a rivolgersi direttamente a un fondo lussemburghese.

 

Cosa è una Sicav e perché sceglierla

Le stesse considerazioni valgono per una Società di gestione del risparmio etico: essa è spinta a fare una scelta analoga.

Scegliere una Sicav etica di diritto lussemburghese, a parità di caratteristiche tecniche con un fondo di diritto italiano, non impone di fare da sostituto d’imposta sul capital gain.

La Sicav è uno strumento più efficiente e facilmente investibile. Può essere orientata secondo preferenze di investimento etico tanto che, come indica Morningstar, oltre il 70% dei fondi SRI in Europa ha scelto questa modalità. Permette di utilizzare un veicolo già esistente senza dover affrontare l’impresa di costruirne uno nuovo di sana pianta, con tempi e costi notevoli. È uno strumento  utilizzabile non solo in Spagna, come sarebbe un fondo comune d’investimento, ma in tutti i Paesi europei. Questa scelta consente alla sgr di concentrarsi sul suo core business etico: la definizione dell’universo investibile sulla base dei criteri di esclusione e delle valutazioni ESG, le strategie d’investimento, l’azionariato attivo e l’engagement, la gestione e la distribuzione del prodotto. Tutti i servizi operativi e accessori sono invece delegati al gestore prescelto. E di cui in Lussemburgo vi è un’ampia gamma di possibilità.

 

Coniugare etica ed efficienza

Etica sgr ha scelto GAM, un operatore indipendente specializzato nel fornire servizi operativi in Sicav, con una reputazione positiva largamente riconosciuta e che può vantare una due diligence rigorosa e severa nella selezione di nuovi partner. Garantisce ampia libertà allo sponsor (Etica sgr in questo caso) nello strutturare i prodotti e nella scelta delle controparti. È già autorizzata e immediatamente operativa per la commercializzazione in Spagna. Ha una propria policy che, ad esempio, esclude comparti che investono in imprese produttrici di munizioni a grappolo e una Corporate Social Responsibility Policy. Infine GAM è società quotata e, quindi, sottoposta alla vigilanza e a standard di trasparenza del suo operato. Il fornitore che meglio aderisce agli standard e alle esigenze di Etica sgr.

Quindi, il Lussemburgo non è necessariamente il diavolo. Lo è se lo si sceglie per approfittare degli spazi di opacità e di elusività fiscale che la struttura dei servizi finanziari del paese ancora offre. Ma non lo è se si sceglie di beneficiare dell’alta competenza e offerta di servizi finanziari, nel quadro però delle normative europee di trasparenza e applicando le proprie policies etiche. In questo secondo caso, quello scelto dal Gruppo Banca Popolare Etica, allora il Lussemburgo è un paese in cui si trovano le migliori competenze specifiche, un recepimento corretto e tempestivo delle Direttive Europee, un’autorità di regolamentazione di tutto rispetto. È il paese d’elezione dei fondi UCITS compliant (come quelli di Etica sgr).

È infine un paese particolarmente attivo, negli ultimi anni, per quanto riguarda la diffusione della finanza responsabile. Basti pensare al lancio della piattaforma dedicata ai green bonds nel 2016 dalla Borsa del Lussemburgo o di quella per gli investimenti con forte impatto contro i cambiamenti climatici, Luxembourg-EIB Climate Finance Platform, nel 2017 insieme alla BEI.

 

Dunque, come amiamo ripetere in Fondazione Finanza Etica, la finanza è una questione di scelte e di porsi domande di senso su come vengono utilizzati i soldi, per quali finalità e modalità.

A queste condizioni e con questo approccio, neanche il Lussemburgo è Sodoma e Gomorra.

 

Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica

 

Foto di Felix Wolf

 

 

 

 

 

Pastori, lupi e Black Rock

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Pastori, lupi e Black Rock

Ma se voi foste un pastore e durante la lunga giornata ai pascoli aveste necessità di assentarvi, chiedereste al lupo di prendersi cura del gregge ? Io credo proprio di no, giusto?
È un po’ quello che ha fatto l’Unione Europea attraverso la Direzione Generale FISMA, che ha assegnato l’incarico per uno studio sullo sviluppo di strumenti e meccanismi per l’integrazione dei fattori ESG nel Quadro della Vigilanza bancaria europea e nella Strategia del business bancario e delle politiche d’investimento niente di meno che a BlackRock.

BlackRock non è un gruppo musicale degli anni ’90, né una marca di profumo. È la più grande società di investimento nel mondo con sede a New York. Gestisce un patrimonio totale di quasi 7.000 miliardi dollari, di cui un terzo in Europa.
Dal 1988 quando è stata fondata, Black Rock ha accresciuto la sua capacità finanziaria e di penetrazione in molti paesi del mondo, e anche la sua influenza.
Molti importanti investitori si affidano al sistema di analisi Aladdin della BlackRock Solutions. Diverse banche centrali come la Federal Reserve americana e la Banca centrale europea (BCE), i ministeri delle finanze e i fondi sovrani ricevono consigli dai loro esperti. BlackRock ha progettato il programma di cartolarizzazione dei prestiti della BCE quando la banca centrale aveva bisogno di competenze esterne. In Grecia e a Cipro BlackRock ha analizzato a fondo i bilanci delle banche, consigliando poi i governi. È intervenuta in Irlanda e Spagna in modo analogo.
Poi, improvvisamente nel 2020 nella sua lettera agli investitori, il CEO Larry Fink è stato folgorato sulla via di Damasco e ha maturato la svolta etica e green.

Fink (Black Rock) letter to investors

Il denaro che gestiamo non è nostro ma appartiene a persone che in dozzine di diversi Paesi si impegnano per finanziare progetti di lungo termine, come la pensione. Noi sentiamo una forte responsabilità”. Così inizia la sua lettera e prosegue con una professione di fede nella lotta al cambiamento climatico che “è divenuto per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell’elaborare le strategie di lungo periodo”. Molto bene, naturalmente.
Per inciso nella stessa lettera del 2019 neppure un cenno all’argomento, mentre il focus era scopo & profitto. “Lo scopo non è solo la ricerca del profitto, bensì la forza propulsiva per ottenerlo”.

Ma, come si è detto, BlackRock è molto influente e l’affidamento dello studio da parte della Commissione Europea sui fattori ESG alla società newyorkese lo dimostra.
A cosa serve questo studio? A definire come si integreranno i fattori rischio ESG nella gestione del rischio bancario generale a livello europeo e a integrare i rischi ESG nel sistema di vigilanza bancaria europea e nella strategia europea sul business bancario e sulle politiche d’investimento.

Diciamo, non proprio bruscolini in termini di regolamentazione europea nelle funzioni di controllo e di indirizzo del sistema bancario del continente.

Lo studio, per un valore di 550.000 € (noccioline per la BlackRock), deve realizzare:

  • un inventario di buone pratiche e principi per l’integrazione dei rischi ESG nei processi di gestione del rischio da parte delle banche a livello europeo e nell’attività di vigilanza europea
  • un’analisi su quali siano gli ostacoli allo sviluppo di un buon funzionamento del mercato europeo della finanza verde e degli investimenti sostenibili e, quindi, l’identificazione di strumenti e strategie di dimensionamento della finanza verde e del mercato per i prodotti finanziari sostenibili.

Il più grosso player nel settore della finanza (BlackRock) viene pagato dal regolatore (la Commissione Europea) per spiegare allo stesso come redigere normative che consentano al primo di fare al meglio i propri affari privati.

Cioè, il pastore dice al lupo: “ti lascio il gregge, pensaci tu”.
Il conflitto d’interesse è macroscopico e la caduta di credibilità della Commissione Europea e della sua Strategia sulla Finanza Sostenibile (che così tanto ha impegnato le istituzioni europee) sarebbe verticale.
Infatti, i due punti cardine di questa Strategia

verrebbero inficiati dallo svolgimento da parte di BlackRock di questa attività di consulenza.

Perché BlackRock è stato uno dei maggiori critici della normativa sulla Tassonomia della Ue e, dunque, ci si può domandare quale coerenza vi sia nel chiedere una consulenza su una parte fondamentale dell’agenda sulla finanza sostenibile al suo maggiore critico.
Inoltre, BlackRock è sostenitore dell’approccio alla finanza sostenibile che considera un solo lato della stessa, cioè l’impatto finanziario che i cambiamenti climatici possono avere sui conti delle aziende. Ma, come è noto, l’approccio della Commissione europea tiene sì in considerazione questo tema, ma lo bilancia considerando anche l’impatto che le imprese hanno sull’ambiente e sul cambiamento climatico.
La differenza di approccio non è meramente tecnica, bensì sostanziale.

È del tutto evidente l’incoerenza di un incarico così importante per la normativa e l’impianto stesso della Strategia europea sulla finanza sostenibile a un soggetto che si trova in così sostanziale distanza dall’impianto della stessa Strategia.

È del tutto verosimile che il lupo si mangerà gli agnelli e quando tornerà lo stolto pastore sarà ridotto in miseria.

 

Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica