TTIP – il trattato da fermare

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Il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) rappresenta un serio rischio per la democrazia e l’ambiente, venduto come soluzione per la crescita economica. Questo accordo tra USA e UE mira a ridurre le barriere commerciali, ma nasconde l’intenzione di aggirare regolamentazioni fondamentali che proteggono salute, ambiente e diritti dei lavoratori. Le multinazionali potrebbero sfidare le leggi nazionali in tribunali privati, minando la sovranità degli Stati. Le implicazioni per il settore agroalimentare sono preoccupanti: si rischia di abbassare gli standard europei di sicurezza alimentare, permettendo l’ingresso di prodotti geneticamente modificati e trattati con sostanze chimiche meno regolamentate. Inoltre, l’accordo potrebbe aprire la strada alla privatizzazione dei servizi pubblici, compresa la sanità, con gravi conseguenze per i cittadini. L’opposizione al TTIP è in crescita, evidenziando la necessità di trasparenza e di politiche che tutelino realmente il bene comune e l’ambiente.

Arte e finanza

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Il rapporto tra arte e finanza è complesso e risale alla prima bolla speculativa del XVII secolo con il mercato dei tulipani nei Paesi Bassi. Questa relazione ha trasformato le dinamiche economiche e culturali, influenzando profondamente sia la produzione che la circolazione delle opere d’arte. La finanziarizzazione ha introdotto nuovi modelli, come la Pop Art di Andy Warhol, che ha industrializzato l’arte, e l’arte concettuale, che ha dematerializzato l’oggetto artistico. L’arte contemporanea riflette i processi di finanziarizzazione della società, con opere che diventano asset speculativi. Artisti come Jeff Koons incarnano questo fenomeno, trasformando oggetti quotidiani in beni di lusso. L’arte non è solo status symbol, ma anche un campo di speculazione finanziaria. L’Espressionismo Astratto, con artisti come Mark Rothko, è esempio di opere che conferiscono prestigio e valore economico ai collezionisti. La crisi del 2008 ha mostrato come l’arte speculativa risenta delle dinamiche finanziarie globali, ma continui a essere un investimento per gli ultraricchi.

Fondi Sostenibili e Responsabili

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I fondi socialmente responsabili (SRI) integrano l’analisi finanziaria con valutazioni ambientali, sociali e di buon governo (ESG). Nati dal principio etico, questi fondi escludono investimenti in settori come armi, tabacco e gioco d’azzardo. Storicamente, gli investimenti responsabili risalgono al XVIII secolo con correnti protestanti che rifiutavano investimenti non etici. Negli anni ’80 e ’90, con l’intensificarsi delle preoccupazioni sociali e ambientali, questi fondi si sono diffusi, culminando nel Pioneer Fund negli USA e nel Friends Provident’s Stewardship Trust in Inghilterra. Le strategie SRI includono esclusioni, selezione “best in class”, investimenti tematici e impact investing. Questi approcci non solo mirano a rendimenti finanziari competitivi, ma anche a promuovere cambiamenti positivi nella società e nell’ambiente. La crescita del mercato SRI è evidente con 127 miliardi di euro in gestione in Europa, dimostrando che gli investimenti sostenibili non sono solo etici, ma anche finanziariamente vantaggiosi.

Il movimento cooperativo e la cooperazione sociale

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Il movimento cooperativo ha radici profonde in Europa, con la prima cooperativa moderna fondata nel 1844 a Rochdale, Inghilterra, da operai tessili. Questo modello ha ispirato molte iniziative simili, come le Banche Popolari e le Casse Rurali in Germania, mirate a fornire credito a artigiani e contadini. In Italia, il cooperativismo ha iniziato a svilupparsi con ritardo, trovando sostegno significativo solo con il governo Giolitti, che ne ha facilitato la crescita. Durante il fascismo, le cooperative sono state integrate nel sistema corporativo del regime, ma il movimento ha ripreso vigore dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le cooperative sociali, nate negli anni ’70, mirano a fornire servizi socio-sanitari e educativi e a promuovere l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate. Questi enti si distinguono per la loro natura mutualistica e democratica, senza scopo di lucro, e giocano un ruolo cruciale nell’offerta di servizi di interesse collettivo. La Legge 381 del 1991 ha riconosciuto formalmente le cooperative sociali, consolidando il loro ruolo nel welfare italiano.