La globalizzazione dell’idiozia

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La globalizzazione dell’idiozia

 

Le élite economiche si sono riunite a Davos nel gennaio di quest’anno: i presidenti dei maggiori governi del mondo, il FMI, la Banca Centrale Europea, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, l’OCSE, e una lunga lista di altri in cui potremmo dire che fosse rappresentata l'”intelligenza” economica globale. Ci sono state molte discussioni, riflessioni profonde e scambi vivaci. La verità è che non ne hanno azzeccata una. Una piccola entità che non non riesce nemmeno a rimanere in vita emette previsioni inutili.

Un giorno ho letto che un astrologo argentino aveva previsto la pandemia e disse che sarebbe finita a giugno. Ho decisamente molta più fiducia nell’astrologo che nell’intero gruppo di cui sopra. Ho ancora più fiducia in una scimmia che tira freccette verso un bersaglio. Questa è la mia prima conclusione sulla questione del coronavirus.

La seconda conclusione è che l’attuale pandemia è il risultato del nostro sistema economico. In numerosi articoli di virologi, biologi, epidemiologi, la progressiva invasione degli spazi naturali è indicata come la causa di questa pandemia: deforestazione, attività estrattive, e in questo caso, il commercio degli animali selvatici. Tutti concordano sul fatto che l’attività umana provoca alterazioni negli ecosistemi, cosicché i virus, più o meno controllati in ambienti incontaminati, a causa dell’azione invasiva dell’uomo passano dall’animale ospite all’uomo stesso.

Intendo dire che la seconda conclusione è che questa situazione è stata causata da un sistema che cerca solo di massimizzare i profitti anche a costo di alterare, come in questo caso, gli ecosistemi naturali con gravi conseguenze.

In terzo luogo penso che, al di là di molti temi scritti sul virus, come la necessità della solidarietà per superare la crisi, le conseguenze economiche, la questione della limitazione della libertà individuale per motivi di salute, ecc., per me la questione più importante è che il sistema attuale rappresenta una minaccia alla sopravvivenza della specie. Questo virus, per esempio, non porterà alla fine del mondo, ma se seguiamo il percorso tracciato de quelli di Davos nessuno può assicurarci che un altro virus molto più letale e contagioso metterà fine a tutto. Sembra apocalittico, ma qualcuno avrebbe immaginato qualche mese fa che per andare al supermercato avremmo dovuto stare a un metro di distanza, che saremmo stati confinati in casa e che la gente avrebbe indossato delle mascherine per strada?

Come dicono sempre giustamente le eco-femministe, il sistema attuale è nemico della vita. Semplicemente lo distrugge. Che si tratti di cambiamenti climatici o di pandemie, il messaggio è sempre lo stesso, la distruzione della vita da parte del sistema economico.

Per tutte queste ragioni, e tornando alle élite, si può dire che lavorare instancabilmente ed efficacemente per distruggere il proprio mondo non sembra intelligente, ma piuttosto una cosa idiota. È vero che forse il virus, che capisce di classi sociali, non le colpirà così tanto – mi viene in mente la foto di un noto calciatore che dice “resta a casa” nella sua piscina riscaldata – ma in realtà questa pandemia, in cui si scopre che tutto è interconnesso, è anche una minaccia per il mondo.

“Oggi le disuguaglianze stanno esplodendo. Siamo minacciati ovunque da disastri politici e catastrofi ambientali. E non abbiamo nulla da opporre a tutto questo se non banalità”. Una frase che riassume ciò che sto dicendo. Lo dice il premio Nobel per l’economia Esther Duflo.

In quarto luogo, un’altra riflessione causata dalla situazione attuale è la strana percezione dell’artificiosità del mondo in cui viviamo. Lavoriamo a pieno ritmo, viaggiamo, partecipiamo a mille attività mentre il mondo si sta inesorabilmente deteriorando. C’è una sorta di accelerazione nevrotica nella società, in cui la maggior parte delle cose che facciamo non sono essenziali. In questi giorni dobbiamo stare a casa. E a volte stare a casa è molto più trasformativo che passare tutto il giorno a cercare di trasformare (guarda l’inquinamento, per esempio). Kafka diceva sempre “resta nella tua stanza… e il mondo cadrà ai tuoi piedi”. Credo che questa accelerazione riguardi anche noi della finanza etica. Forse dovremmo pensare a fare meglio (viaggiare di meno, per esempio).

A proposito di finanza etica, a Fiare Banca Etica stiamo lavorando per cambiare le cose, cercando di creare un mondo più giusto e sostenibile. C’è un elemento nel nostro modello di finanza etica, che mi sembra essenziale anche in questa situazione. Siamo una banca unica al mondo nel nostro modello partecipativo. Invitiamo la nostra base sociale a partecipare, non solo internamente nella governance della banca, ma anche all’esterno, cercando di convincere la società che la nostra opzione è la migliore, facendo advocacy politica, cercando di costruire cittadinanza, influenzando il pubblico.

Recentemente, uno dei giovani che formano il gruppo Generazione X Fiare mi ha detto che uno dei progetti del gruppo dovrebbe essere quello di influenzare le politiche della banca. Gli ho detto che è senz’altro una buona idea, ma che la cosa più importante, secondo me, è influenzare le politiche del mondo, cioè andare nel mondo e cambiarlo. Spesso dimentichiamo questa dimensione verso l’esterno della partecipazione, ma è uno degli elementi più importanti della nostra banca. E certamente più che mai nella situazione attuale.

Alcuni articoli sull’argomento

 

Intervista con l’esperto in “ecologia della malattie” Peter Daszak  (in spagnolo).

Ricerca dell’Università La Sapienza che mette in relazione il fenomeno della diffusione delle malattie infettive con l’azione dell’uomo sulla natura.

COVID-19 e i percorsi del capitale (in spagnolo)

Traduzione in spagnolo di un articolo sull’influenza del sistema capitalistico globale su una nuova epidemia virale; in questo caso, il coronavirus in Cina. È stato originariamente pubblicato il 6 febbraio 2020 sul sito web di Chuang da un gruppo di comunisti cinesi che criticano sia il “capitalismo di stato” del Partito comunista cinese che la versione neoliberale dei movimenti di “liberazione” di Hong Kong.

 

Albert Gasch, responsabile delle Relazioni Associative di FIARE Banca Etica, Spagna

 

Foto di Christopher Burns su Unsplash

 

 

Una finanza utile al lavoro

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Una finanza utile al lavoro

Una finanza utile al lavoro

Come gestire il denaro per favorire occupazione, diritti e ambiente

 

28 Febbraio, 10.30 – 13.00
Centro Astalli, sala Assunta • via degli Astalli 17, Roma

 

Da troppo tempo sembriamo rassegnati a una finanza “nemica” del lavoro che cerca il massimo rendimento nel minor tempo possibile e per farlo sacrifica i diritti dei lavoratori e – spesso – l’esistenza stesse delle aziende che creano occupazione, per non parlare dei disastri ambientali consumati in nome del profitto.
Ma la finanza può essere diversa!
La finanza etica si basa su scelte radicali definite oltre 20 anni fa: sostenere l’economia reale e non quella speculativa; disinvestire dalle imprese coinvolte nella produzione di armi e nei combustibili fossili e sostenere invece imprese attente all’ambiente, ai diritti di chi lavora e delle comunità locali.
Oggi finalmente – sulla spinta dell’opinione pubblica e di alcuni investitori istituzionali, tra cui anche i sindacati di alcuni Paesi europei e nordamericani – anche la finanza tradizionale inizia a porsi queste questioni, aprendo la strada un maggiore ottimismo senza trascurare la necessità di vigilare contro il rischio di greenwashing.

 

Ne parliamo con

Roberto Gualtieri, Ministro dell’Economia e delle Finanze

Maurizio Landini, Segretario Generale della CGIL

Keith Mestrich, Presidente di Amalgamated Bank. L’esperienza della più importante banca sociale statunitense, fondata cento anni fa dal sindacato del settore tessile e oggi punto di riferimento per la finanza etica nordamericana

Andrea Baranes, vice-Presidente Banca Etica. Presentazione del Terzo Rapporto Sulla Finanza Etica e Sostenibile in Europa, con un focus sul tema delle remunerazioni

 

Tavola rotonda con

Anna Fasano, Presidente di Banca Etica

Salvatore Casabona, Responsabile previdenza complementare CGIL

Pier Paolo Baretta, Sottosegretario presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze

Modera: Patrizia Pallara, RadioArticolo1

 

La partecipazione all’evento è gratuita previa registrazione.

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Riparare la nostra casa comune. Laudato si’, economia e finanza etica

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Laudato si' e finanza etica

Fondazione Finanza Etica per il Gruppo Banca Etica e Fra’ Sole, con la collaborazione di Sisifo, organizzano il convegno “Riparare la nostra casa comune. Laudato si’, economia e finanza etica“, Assisi, Sacro Convento – sabato 1° febbraio 2020.

 

La finanza occupa una posizione centrale nell’analisi che l’Enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, di Papa Francesco svolge sulla crisi ecologica, sociale e culturale in cui è avvolto il pianeta.
I termini finanza e finanziaria ricorrono 15 volte nell’Enciclica e sempre quali elementi cardine della crisi, ai quali si riconducono gli aspetti di insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo.
L’Enciclica – coerentemente con la proposta di un’ecologia integrale nella quale ogni elemento ambientale, sociale, economico, culturale del modello di sviluppo globale è connesso uno all’altro – individua nella finanza il vero motore di questo modello, causa di squilibri, storture, diseguaglianze, rischi globali.
È la finanza globale il vero dominus di questo sistema.
Essa domina sulla politica, svuotando così la stessa dalla sua funzione di governo, di arte attraverso la quale – nei sistemi democratici – si svolgono i processi di autodeterminazione delle persone e si attuano i diritti universali che le diverse convenzioni internazionali (a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948) hanno posto a fondamento del diritto positivo internazionale. “Degna di nota è la debolezza della reazione politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente” (in VI “La debolezza delle reazioni”, paragrafo 54). La finanza, opaca e impersonale, è la vera incarnazione del potere nel mondo moderno e la politica appare incapace di visioni di ampia portata e, dunque, di governarla: “Si richiede dalla politica una maggiore attenzione per prevenire e risolvere le cause che possono dare origine a nuovi conflitti. Ma il potere collegato con la finanza è quello che più resiste a tale sforzo, e i disegni politici spesso non hanno ampiezza di vedute” (in VI “La debolezza delle reazioni”, paragrafo 57). Così, laddove sarebbe decisivo l’intervento umano per restituire equilibrio a ciò che esso stesso ha messo in crisi, come nel caso della perdita di biodiversità a seguito della introduzione di pesticidi nell’ambiente a sostegno di un’agricoltura intensiva e alterata dalla chimica, questo non avviene perché gli interessi della finanza e del consumo prevalgono: “Ma osservando il mondo notiamo che questo livello di intervento umano, spesso al servizio della finanza e del consumismo, in realtà fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia, mentre contemporaneamente lo sviluppo della tecnologia e delle offerte di consumo continua ad avanzare
senza limiti” (in III “Perdita di biodiversità”, paragrafo 34).
Tutta l’Enciclica è pervasa dai riverberi della elaborazione della cultura del limite che dalle ricerche sull’ecologia culturale degli anni ’50 (quel filone di ricerca delle scienze etnoantropologiche che investiga le relazioni tra gli aspetti socio-culturali dei gruppi umani e l’ambiente nel quale vivono, in stretto rapporto con altre discipline quali ecologia, geografia umana, biologia, archeologia, economia, demografia) giunge fino alle attuali elaborazioni dell’ambientalismo scientifico. Di nuovo, la finanza è la rappresentazione perfetta di una pratica dello sviluppo e dell’economia nella quale è concepibile una crescita illimitata. Infatti, è la finanza che ha reso possibile una crescita del tutto distaccata dall’economia reale, attraverso la speculazione finanziaria e la creazione di denaro da denaro come fine ultimo della teoria economica. Sulla crescita senza limiti: “Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende a ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l’essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti. Da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia” (in II “La globalizzazione del paradigma tecnocratico”, paragrafo 106).
La torsione speculativa della finanza contemporanea sta alla base di questa illusione di una crescita illimitata e neutra rispetto ai sistemi fisici: “Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi” (in VI “La debolezza delle reazioni”, paragrafo 56).
Una crescita senza limiti, un miraggio pericoloso, che è diventata realtà grazie alla finanza, ma a discapito dell’economia reale: “Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione ad eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale . Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale” (in II “La globalizzazione del paradigma tecnocratico”, paragrafo 109).
La crisi economico-finanziaria del 2007-2008 ritorna spesso nell’Enciclica come il momento in cui il modello di sviluppo globale ha mostrato le sue intrinseche debolezze e la sua fallacia rispetto ai suoi stessi presupposti. L’Enciclica coglie soprattutto due aspetti di questo evento: il suo manifestarsi come sistema globale (e non comprensibile con i tradizionali strumenti interpretativi nazionali della politica e dell’economia) e l’illusorietà di un sistema che si pretende al di sopra delle dinamiche economiche, sociali e ambientali. “Il XXI secolo, mentre mantiene una governance propria di epoche passate, assiste ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica” (in cap. quinto ”Alcune linee di orientamento e di azione”, paragrafo 175). Una dimensione che l’Enciclica denuncia come irriformata anche a seguito della crisi del 2007-2008: “Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma il dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà generare solo nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale” (in cap.quinto, IV “Politica ed economia in dialogo per la pienezza umana”, paragrafo 189). E sempre nelle stesse pagine l’Enciclica sottolinea come la finanza, per quanto viva il suo delirio di onnipotenza al di sopra dell’economia reale, fa ricadere gli effetti delle sue crisi proprio in questi ambiti: “La bolla finanziaria di solito è anche una bolla produttiva. In definitiva, ciò che non si affronta con decisione è il problema dell’economia reale, la quale rende possibile che si diversifichi e si migliori la produzione, che le imprese funzionino adeguatamente, che le piccole e medie imprese si sviluppino e creino occupazione…” .
C’è, dunque, anche una riflessione critica sui meccanismi della finanza che, collegata alla tecnologia, ha preteso nelle teorie liberiste di trovare intrinsecamente soluzioni a qualsiasi problema pur causato dal proprio funzionamento. Ma finanza e tecnologia sono oggi incapaci, nonostante i loro impensabili sviluppi soltanto qualche decennio fa, di comprendere quella che potremmo definire con Gregory Bateson in “Mente e natura” , la struttura che connette , quel sistema di collegamenti che definiscono il “contesto” di cui si compone il nostro mondo, nel quale “la logica e la quantità si dimostrano strumenti inadeguati per descrivere gli organismi, le loro interazioni e la loro organizzazione interna”[1]. Analogamente, l’Enciclica: “La tecnologia che, legata alla finanza , pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri” (in cap. primo “Quello che sta accadendo alla nostra casa” , paragrafo 20).

Ora, se l’analisi del ruolo della finanza in “ciò che sta accadendo alla nostra casa” è assai circostanziato e ben articolato, non altrettanto forse è definito il ruolo che una diversa economia e una diversa finanza da quella mainstream possono concretamente fare per riparare questa nostra casa comune.
Di nuovo, l’Enciclica mette in evidenza come le soluzioni a questo squilibrio debbano essere strutturali, andando nel profondo a comprenderne le cause, evitando scorciatoie o vuoti nominalismi. Essa fa esplicito riferimento ai rischi di greenwashing intorno alla parola magica della “sostenibilità” o della “finanza sostenibile” che, talvolta, può essere usata come un passpartout per operazioni di solo marketing: “In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di
immagine” (in cap. quinto, paragrafo 194).
Tuttavia, l’Enciclica può (deve, secondo noi) essere il viatico per una riflessione costruttiva e innovativa sulla finanza stessa. Può la finanza, una diversa finanza, svolgere un ruolo positivo nel sostenere una diversa idea di sviluppo economico e produttivo che ripari la casa rovinata e la predisponga per una diversa stagione della sua vita? Può, nella sostanza, tornare ad essere ciò per cui essa nasce, cioè far incontrare domanda e offerta di denaro per lo sviluppo sociale, ambientale, umano della società? E se sì, quale deve essere la caratteristica di questa diversa finanza? Quali i parametri per individuarne gli effettivi e positivi impatti sociali e ambientali? Rispetto alla Laudato  si’, che contributo può dare la finanza etica (così come praticata negli ultimi decenni da molte istituzioni finanziarie in Europa, nel mondo e in Italia e, di recente, statuita nella legge italiana che identifica gli operatori di finanza etica, art.111 bis TUB) a questo cambiamento? Come possono queste esperienze “contagiare” la finanza mainstream affinché tutta la “finanza cinica” possa diventare “finanza etica”? Quale contributo possono dare i legislatori affinché le norme ad ogni livello – locale, nazionale, europeo, internazionale – possano effettivamente incentivare la conversione della finanza mainstream in una finanza eticamente orientata e, allo stesso tempo, disincentivare, regolare, sanzionare le inadempienze della “finanza cinica”? Che ruolo possono avere i risparmiatori e gli investitori istituzionali in questo cambiamento? Disinvestimento da imprese coinvolte in combustibili fossili, armi e altri settori “cinici”, azionariato critico e attivo, scelte consapevoli nell’uso dei propri risparmi possono avere un’efficacia nell’innescare cambiamenti più ampi e profondi? E, last but not least , le banche, il loro management e i loro operatori possono avere un ruolo in questo epocale cambiamento richiamato dalla Laudato si’, oppure resteranno spettatori muti e, talvolta, anche complici?
Il Manifesto di Banca Etica sembra dialogare molto con i contenuti della Laudato si’, in primo luogo laddove il Manifesto concepisce l’idea stessa della sostenibilità di una società, nella quale i tre pilastri “lo sviluppo economico, la coesione sociale, la tutela ambientale – sono pensati in modo fortemente integrato”. L’interdipendenza, che è uno dei fondamenti dell’ecologia integrale di Papa Francesco, è anche l’architrave che tiene uniti i cinque elementi, le cinque dimensioni della nuova economia (la dimensione comunitaria, la relazione, la reciprocità, la legalità, la dimensione sociale e ambientale). Del resto il Manifesto , in premessa e programmaticamente afferma che “oggi le grandi sfide si affrontano solo in una logica di interdipendenza, solidarietà, giustizia e cura della Terra”.
Analogamente il Manifesto risponde al punto che la Laudato si’ sottolinea in più passaggi, cioè il distacco fra l’attività finanziaria prevalente di oggi e l’economia reale. In primo luogo affermando la necessità che l’economia e la finanza tornino a essere “al servizio della società e non viceversa”. In secondo luogo affermando “il primato del lavoro sulla rendita da capitale nella produzione del reddito” e impegnando la Banca nella sua funzione di intermediazione finanziaria a “rendere mobile la ricchezza … creando un capitale che è allo stesso tempo umano, sociale, materiale, immateriale, economico e finanziario” .
Il Manifesto, fatto centro su questi principi e valori, delinea anche un ambito di impegno e di attività che – oltre la propria mission strategica di erogare credito e, dunque, garantire il credito come diritto della persona – possano delineare una riforma strutturale del mondo della finanza per farlo corrispondere a questi principi.
Così vengono indicati alcuni obiettivi e strumenti di riforma che, anche in vista dell’iniziativa The Economy of  Francesco che si svolgerà ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020, possono essere oggetto di confronto per tradurre le indicazioni contenute nella Laudato si’ in concreti passi per la riforma del sistema. Fra quelle indicate nel Manifesto si ricorda la Tassazione sulle Transazioni Finanziarie, l’eliminazione dei paradisi fiscale, la separazione fra le banche commerciali e le attività speculative svolte dalle banche e dalle istituzioni finanziarie, la definizione di standar stringenti relativi alle attività cd. di “finanza sostenibile” al fine di evitare operazioni di marketing dietro le quali continuare il business as usual delle istituzioni finanziarie mainstream, l’azionariato critico e attivo quale leva per la partecipazione attiva degli investitori nella gestione di grandi imprese (talvolta a partecipazione statale) che tengano in considerazione le ricadute non economiche della scelte finanziarie.

Di questo vogliamo discutere nel seminario su Laudato si’ e finanza etica che organizziamo ad Assisi, presso il Sacro Convento dei frati francescani il prossimo 1° febbraio 2020, da intendersi anche come un contributo del Gruppo Banca Etica al percorso che porterà i giovani economisti chiamati dal Papa a discutere dell’Economia di Francesco.

[1] Gregory Bateson, Mente e natura, Adelphi, 1979 .