Finanza e armi

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La produzione e il commercio di armi provocano morti e distruzione, rappresentando una spesa improduttiva che sottrae risorse a istruzione, sanità e servizi essenziali, specialmente nei paesi poveri. L’ONU avverte che la proliferazione delle armi ostacola il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La spesa militare ha un basso ritorno economico e occupazionale: un miliardo di euro investito in armi genera solo 741 milioni di euro di produzione interna e crea meno posti di lavoro rispetto a investimenti in protezione ambientale, istruzione o sanità. Il settore delle armi dipende fortemente dal sostegno finanziario degli Stati, che spesso agiscono come principali azionisti e clienti. Le campagne di pressione della società civile hanno portato banche e imprese finanziarie ad adottare linee guida etiche, escludendo il finanziamento delle armi. La finanza etica si oppone fermamente al finanziamento delle armi, promuovendo investimenti sostenibili e responsabili, orientati al sostegno dell’economia reale, del terzo settore e delle imprese sociali.

L’impresa sociale come vettore di sviluppo sostenibile

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Negli ultimi decenni, la globalizzazione ha aumentato le disparità economiche e di sviluppo tra i Paesi del Nord e del Sud del mondo. L’impresa sociale è emersa come strumento fondamentale per supportare lo sviluppo locale e comunitario, soprattutto nel Sud del mondo. Questo modello economico si basa su valori di solidarietà, equità e inclusione, andando oltre la semplice ricerca del profitto. Le cooperative sociali, radicate in questa filosofia, hanno dimostrato un’attenzione particolare alle problematiche sociali, ambientali ed economiche. L’impresa sociale non solo fornisce beni e servizi, ma promuove anche lo sviluppo sostenibile attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali. La legislazione italiana ha riconosciuto formalmente questo modello nel 2005, regolamentandone le caratteristiche e incentivandone la diffusione. L’impresa sociale si distingue per l’assenza di scopo di lucro, reinvestendo gli utili per migliorare i servizi offerti e per il benessere della comunità. Questo approccio innovativo ha il potenziale di ridurre le disuguaglianze globali, promuovendo un’economia più giusta e sostenibile.

La Finanza Etica

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La finanza etica è un approccio che mira a riformulare i valori fondamentali della finanza tradizionale, ponendo al centro la persona e l’equa remunerazione dell’investimento, anziché la speculazione. Questo approccio introduce criteri di rischio e rendimento che considerano anche l’impatto degli investimenti sull’economia reale. La finanza etica finanzia attività tradizionali del settore non profit, come cooperazione sociale e internazionale, ecologia, tutela dei diritti umani, attività culturali e artistiche, e quelle più innovative come commercio equo e solidale, agricoltura biologica e energie alternative. Questo pensiero restituisce dignità alle attività economiche classiche, in cui il lavoro è fondamentale e il denaro diviene solo uno strumento. Il termine finanza etica è sia preciso, riferendosi a una finanza che si afferma in contrapposizione alla finanza classica, sia vago, comprendendo visioni diverse. In definitiva, la finanza etica promuove l’uso del denaro come mezzo per il bene comune, favorendo la trasparenza e la responsabilità sociale.

L’azionariato critico

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L’azionariato critico è uno strumento di partecipazione che mira alla sostenibilità e alla trasparenza delle imprese. Nato come reazione alla finanziarizzazione dell’economia, consente agli azionisti di intervenire direttamente nelle assemblee aziendali per monitorare e influenzare il comportamento socio-ambientale delle imprese. Attraverso l’acquisto simbolico di azioni, gli attivisti possono portare all’attenzione dei consigli di amministrazione questioni come le violazioni dei diritti umani e i danni ambientali. Questo approccio ha già prodotto risultati significativi, dimostrando che le imprese sono più responsive alle richieste provenienti dai propri azionisti. L’azionariato critico si distingue per il suo triplice obiettivo: dare voce alle comunità locali nei consigli di amministrazione, promuovere la partecipazione attiva dei piccoli azionisti e aumentare la rappresentanza e la responsabilità sociale delle imprese. In Italia, la Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha adottato questo approccio, lavorando in rete con organizzazioni della società civile per selezionare imprese da monitorare e influenzare. Nonostante i progressi, l’azionariato critico deve ancora crescere per diventare uno strumento più efficace e diffuso tra gli investitori.

La Responsabilità Sociale d’Impresa

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La Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR) è un concetto che implica l’integrazione dei valori etici e sociali nella strategia aziendale. La CSR non è solo un vincolo per la gestione strategica dell’impresa, ma rappresenta anche un ulteriore fattore competitivo che permette di preservare e massimizzare i profitti. L’approccio etico è fondamentale, come affermato da Max Weber e Hans Jonas, che sottolineano l’importanza di agire in modo responsabile verso la società e l’ambiente. Le imprese devono rispondere delle conseguenze prevedibili e possibili delle loro azioni. La teoria degli stakeholder, supportata da Evan e Freeman, sostiene che ogni gruppo di stakeholder deve partecipare alle decisioni aziendali. Il Codice Etico aziendale, strumento di autoregolamentazione, e il Bilancio Sociale, documento di rendicontazione, sono essenziali per promuovere la trasparenza e la responsabilità. Nonostante i progressi, molte aziende vedono la CSR come un mero strumento di marketing. Tuttavia, la crescente adozione di strutture di CSR management è un passo positivo. In conclusione, per un’efficace CSR, è cruciale che le aziende sviluppino una cultura etica radicata e un approccio integrato che bilanci gli interessi economici, sociali e ambientali.

Fondi Sostenibili e Responsabili

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I fondi socialmente responsabili (SRI) integrano l’analisi finanziaria con valutazioni ambientali, sociali e di buon governo (ESG). Nati dal principio etico, questi fondi escludono investimenti in settori come armi, tabacco e gioco d’azzardo. Storicamente, gli investimenti responsabili risalgono al XVIII secolo con correnti protestanti che rifiutavano investimenti non etici. Negli anni ’80 e ’90, con l’intensificarsi delle preoccupazioni sociali e ambientali, questi fondi si sono diffusi, culminando nel Pioneer Fund negli USA e nel Friends Provident’s Stewardship Trust in Inghilterra. Le strategie SRI includono esclusioni, selezione “best in class”, investimenti tematici e impact investing. Questi approcci non solo mirano a rendimenti finanziari competitivi, ma anche a promuovere cambiamenti positivi nella società e nell’ambiente. La crescita del mercato SRI è evidente con 127 miliardi di euro in gestione in Europa, dimostrando che gli investimenti sostenibili non sono solo etici, ma anche finanziariamente vantaggiosi.

Il movimento cooperativo e la cooperazione sociale

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Il movimento cooperativo ha radici profonde in Europa, con la prima cooperativa moderna fondata nel 1844 a Rochdale, Inghilterra, da operai tessili. Questo modello ha ispirato molte iniziative simili, come le Banche Popolari e le Casse Rurali in Germania, mirate a fornire credito a artigiani e contadini. In Italia, il cooperativismo ha iniziato a svilupparsi con ritardo, trovando sostegno significativo solo con il governo Giolitti, che ne ha facilitato la crescita. Durante il fascismo, le cooperative sono state integrate nel sistema corporativo del regime, ma il movimento ha ripreso vigore dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le cooperative sociali, nate negli anni ’70, mirano a fornire servizi socio-sanitari e educativi e a promuovere l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate. Questi enti si distinguono per la loro natura mutualistica e democratica, senza scopo di lucro, e giocano un ruolo cruciale nell’offerta di servizi di interesse collettivo. La Legge 381 del 1991 ha riconosciuto formalmente le cooperative sociali, consolidando il loro ruolo nel welfare italiano.