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L’accesso al credito vince il premio Tesi di laurea sulla Finanza Etica 2021

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tesi di laurea

30 tesi candidate per il premio Tesi di Laurea sulla finanza etica, giunto quest’anno alla sua quarta edizione.

Impegnativo e stimolante il lavoro del comitato scientifico per arrivare alla short list di 8 tesi e quindi alla nomina della tesi vincitrice e alle due menzioni speciali.

Il premio quest’anno è andato a Serena Ruzzi, Università di Roma Tor Vergata, Corso di laurea in Economia dei mercati e degli intermediari finanziari, per la tesi Determinanti dell’accesso al credito per le famiglie italiane nel periodo post crisi finanziaria, che offre una

“interessante panoramica sulla microfinanza, l’esclusione finanziaria e le condizioni di vita delle persone. Lavoro empirico, rigoroso, con risultati interessanti, con una base dati molto utile ed originale”.

Le due Menzioni Speciali

A Sonia Stati, Università di Siena, Corso di laurea in Finanza, per la tesi Towards a Greenification: exploring the green bond premium, lavoro “condotto in modo robusto, con dettaglio dei controlli di validità, test statistici. Testo di facile lettura, ben organizzato, che suscita interesse. Pur essendo un tema ampiamente studiato, la ricerca è utile in quanto utilizza dati più recenti per un mercato in forte evoluzione”.

Gabriele Turco, Università di Napoli l’Orientale, Corso di laurea in Studi internazionali, ha presentato un lavoro su Finanza etica e sostenibile. Dai fondamenti teorici alle prassi internazionali e nazionali, testo che per la nostra giuria “prova a mettere in rassegna vari aspetti della finanza etica, cercando di delineare un quadro complessivo con le sue potenzialità e i suoi limiti, lamentando la carenza di letteratura e l’importanza di approfondire le ricerche sul piano filosofico, giuridico e di policy, guardando anche a filoni rilevanti quali i temi di genere, l’ecologia, le nuove tecnologie. Il testo è chiaro ed esposto con coerenza, nonostante la diversità di temi oggetto di indagine.”

 

L’emozione della premiazione in diretta

In diretta zoom, davanti ai loro colleghi e alle loro colleghe, a Simone Siliani, direttore della Fondazione e a Fabio Moliterni, Tommaso Rondinella e Domenico Villano, in rappresentanza del comitato scientifico, le 8 persone ammesse alla short list hanno presentato il loro lavoro con uno speech di tre minuti ciascuno, prima della proclamazione in diretta della vincitrice.

Le tre tesi entreranno a far parte della collana “Antonio Genovesi”, che raccoglie tutti i lavori premiati in questi anni.

La commissione scientifica di valutazione è composta da:

  • Andrea Barolini, direttore di Valori.it
  • Camilla Carabini, Consigliera di Indirizzo di Fondazione Finanza Etica
  • Maria Francesca Di Tullio, Consigliera di Indirizzo di Fondazione Finanza Etica e membro del Comitato Etico di Banca Etica
  • Simone Grillo, ricercatore di Banca Etica
  • Arnaldo Maviglia, vincitore Premio tesi di laurea Edizione 2020
  • Fabio Moliterni, analista e ricercatore di Etica Sgr
  • Tommaso Rondinella, Responsabile Ufficio Modelli di Impatto e VSA presso Banca Etica
  • Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica
  • Sofia Tonarelli, ricercatrice e collaboratrice di Fondazione Finanza Etica
  • Domenico Villano, ricercatore di Fondazione Finanza Etica

 

Per una campagna sulla Due Diligence

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Due Diligence

Una campagna sulla Due Diligence. Decisiva, necessaria, possibile.

 

Non è mica facile inventarsi una campagna sulla Due Diligence. Prima di tutto devi spiegare cosa vuol dire e cos’è. Tradotto nella lingua di Dante significa “diligenza dovuta” o “dovere di diligenza”. È un’attività di investigazione e approfondimento di dati e informazioni, finalizzata ad identificare rischi e problemi connessi a una attività economica, anche per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento. Chi si assume questo compito ha il “dovere” di svolgerlo in modo “diligente”, con cura scrupolosa e indipendenza di giudizio. Purtroppo, non sempre così avviene nel mondo degli affari. Accade che questa attività, ben remunerata e prevista anche da normative specifiche, venga svolta su commissione dei diretti interessati e dunque si riveli nella realtà piuttosto prona ai desiderata dei committenti. 

Per fare una campagna seria su questo tema, devi individuare il target. Quando devi spiegare che l’obiettivo, il risultato atteso sarebbe una Direttiva della Commissione europea, cioè una norma cogente che regolamenti come la due diligence debba essere fatta, a quel punto ti sei già giocato tre quarti dell’uditorio.

Troppo complesso, poco cool, non c’è niente che scaldi il cuore, molta tecnica e poca passione. Vuoi mettere come è più pop la pace nel mondo, la lotta alla fame e il rispetto dei diritti umani.

Tuttavia questa campagna, così apparentemente fredda e senz’anima, è decisiva, necessaria e anche possibile. Oltre a contribuire alla pace nel mondo, all’eradicazione della fame e al rispetto dei diritti umani in forma niente affatto residuale.

Decisiva perché sono in ballo diritti umani concreti, quelli legati alle condizioni di lavoro materiali lungo le filiere produttive che dai luoghi più lontani del pianeta portano a noi i beni per il nostro consumo.

Necessaria perché ci sono lobby potenti, quelle delle grandi imprese che in verità non vogliono regole e controlli per poter continuare a sfruttare mano d’opera a basso costo e ancor più bassi diritti, per tenere bassi i costi e vendere più merce a noi, per i quali ogni giorno è black friday. Queste grandi imprese surrettiziamente si alleano con le piccole abbindolandole, raccontando la storiella che la due diligence è solo un aggravio economico, burocratico soprattutto per loro. Ma la realtà è che una seria, vera due diligence sarebbe per le grandi una regolamentazione che non sopportano.

Possibile perché troppi e dolorosi casi hanno dimostrato che una due diligence fatta male e truffaldina mette a rischio la salute dei lavoratori e dell’ambiente, ma anche la reputazione delle imprese. E come sta avvenendo per Amazon che viene multata per posizione dominante sul mercato, i tribunali statali e la normativa sovrastatale iniziano ad accorgersi e ad affrontare questi temi tipicamente globali e a istituire regole che travalicano i confini degli Stati.

 

La globalizzazione delle catene di fornitura è parte del più complessivo squilibrio fra capitale e lavoro

È del febbraio 2021 l’ordine esecutivo dell’Amministrazione Biden volto a “Costruire una catena di fornitura resiliente, rivitalizzare la manifattura americana, favorire una vasta crescita”, nel quale sono messi in risalto – per la prima volta – i costi sociali che le catene di fornitura globali hanno comportato.

Vi si legge:

“L’approccio alla produzione interna del settore privato e delle politiche pubbliche, che per anni ha privilegiato efficienza e bassi costi sulla sicurezza, sostenibilità e resilienza, ha provocato rischi nell’intera catena di fornitura”.

Il documento si chiede anche se catene di fornitura iper-globalizzate siano poi davvero così economicamente efficienti.

La risposta oggi non è più scontata come fino a pochi anni fa. Ovviamente le crisi finanziarie globali hanno scavato nelle inossidabili certezze che persistevano fino almeno alla crisi del 2008. Ma oggi preoccupa anche la globalizzazione delle catene di fornitura, che non riguardano soltanto lo scambio di merci e servizi, e che sono parte del più complessivo squilibrio fra capitale e lavoro. La corsa al ribasso dei costi finali di un prodotto, si riduce in una tendenza all’abbassamento dei costi del lavoro. Questo porta i manager a spostare le produzioni in paesi dove i salari sono più bassi e dove la frammentazione della catena di fornitura rende più difficile ai lavoratori una organizzazione collettiva a difesa dei propri interessi: un doppio vantaggio per il business. A cui si aggiungono quelli fiscali dato che questi paesi hanno di solito una giurisdizione fiscale più favorevole proprio per attrarre investimenti e capitali stranieri. Cosa quest’ultima che ha preoccupato l’Amministrazione USA che si è fatta promotrice di una pur timida cornice di comune cornice fiscale minima proprio per ridurre le fughe di capitali all’estero.

 

Impresa 2030 Diamoci una regolata. Campagna sulla direttiva UE sulla Due diligence

Ma questo porta con sé, fatalmente, anche una maggiore attenzione a normative di minore squilibrio relativo alle condizioni dei lavoratori in tutta la catena di fornitura. Non è, naturalmente, un meccanismo automatico e ci vuole coraggio e volontà politiche. Ma qualcosa si sta muovendo e forse questo è il momento per spingere per una regolamentazione almeno europea (per ridurre la competizione al ribasso interna alla Ue e omogeneizzare i comportamenti delle imprese di una delle economie più forti del pianeta, se considerata complessivamente).

Per questo 10 realtà della società civile organizzata italiana, fra le quali Fondazione Finanza Etica, hanno dato vita ad una campagna a sostegno di una regolamentazione europea stringente in tema di due diligence: Impresa 2030. Diamoci una regolata si è data il compito, difficile ma necessario, di costruire una lobby opposta a quella della deregulation, già abbastanza forte e organizzata che sta lavorando sulla Commissione Ue per annacquare la Direttiva. Che ha già subito due rinvii e che è attesa ora entro il 2022. Ma anche a livello europeo si è formata una analoga coalizione: European Coalition for Corporate Justice (ECCJ).

Forse le difficoltà di una campagna così “tecnica” potremmo superarle raccontando una storia, triste e dolorosa, ma non per questo meno esemplare. E chiama in causa l’Italia e il suo Governo.

 

Il disastro Ali Enterprises e la due diligence di RINA Services

Era un altro 11 settembre, quello del 2012, quando un incendio un incendio ha travolto la fabbrica di abbigliamento Ali Enterprises in Pakistan. Solo tre settimane prima RINA Services S.p.A., società di auditing italiana partecipata dal Ministero dei Trasporti italiano, aveva certificato l’azienda conforme alla norma SA8000, uno standard internazionale stabilito da Social Accountability International. Aveva cioè fatto una due diligence sulla sicurezza dell’impianto. Ma una asseverazione che, come hanno stabilito le indagini, ha trascurato una serie di obblighi di sicurezza, come la necessità di avere un sistema di allarme antincendio funzionante o uscite di emergenza sufficienti ed efficaci. Successivamente sono venute a galla una serie di altre violazioni dei diritti dei lavoratori ignorate dall’auditor.

In quell’incendio hanno perso la vita 250 persone che per il fatto di essere localizzate a Karachi in Pakistan non erano certo meno persone, non avevano meno affetti, non erano meno importanti per la sopravvivenza di figli, coniugi, comunità locali. Ci sono persone che piangono questi lavoratori e lavoratrici a Karachi, esattamente come le piangerebbero a Milano o a Parigi. Saeeda Khatoon, presidente dell’Ali Enterprises Factory Fire Affectees Association (AEFFAA), ha perso suo figlio in quel rogo: perché il suo dolore dovrebbe valere meno di quello di una madre di Berlino o di Madrid? Perché il suo legittimo desiderio di giustizia, di spiegazioni non dovrebbe richiedere la stessa attenzione di quello di un lutto simile in Italia?

La società italiana RINA Services S.p.A. si è rifiutata di assumersi le sue responsabilità per aver certificato come sicura questa fabbrica. Il Governo italiano, che è proprietario in quanto azionista di riferimento della società non può non rispondere su quanto accaduto. Altrimenti ogni dichiarazione sui diritti umani o sulla democrazia, che anche in questi giorni è uscita dalla bocca dei nostri rappresentanti istituzionali, è solo vuota retorica e colpevole ignavia.

Ecco, così forse questa campagna “fredda” e “tecnica”, può essere spiegata e animata: una direttiva obbligatoria, con regolamentazione stringente e sanzioni per elusioni della stessa, avrebbe potuto oggi dare una risposta alla domanda di giustizia di Saeeda e magari evitato quel rogo in cui ha perso suo figlio. Scusate se è poco.

Simone Siliani, direttore Fondazione Finanza Etica

MIO IL DENARO MIA LA SCELTA!

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bando

MIO IL DENARO MIA LA SCELTA! Bando di educazione finanziaria verso donne adulte vulnerabili

 

Un progetto realizzato grazie alla devoluzione di una parte degli utili di Etica Sgr la società di gestione del risparmio specializzata in investimenti responsabili.

 

In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne lanciamo un bando per finanziare un progetto di educazione finanziaria rivolto a donne in condizione di vulnerabilità. L’iniziativa selezionata riceverà 50mila euro di contributo a fondo perduto, grazie all’erogazione liberale messa a disposizione da Etica Sgr.

Per il bando clicca >>QUI<<

 

A chi è rivolto

Le proposte dovranno essere presentate da enti, associazioni e Fondazioni che operano nel settore del sostegno e dell’aiuto alle donne vittime di violenza oppure da realtà imprenditoriali che lavorano sui temi della diversity & inclusion in partenariato con una realtà esperta di educazione finanziaria.

Il progetto dovrà prevedere una fase di sperimentazione su un campione di donne in almeno un centro antiviolenza.

 

Scadenza

La scadenza per la presentazione è prevista per il 28 febbraio 2022.

 

Per informazioni

Per informazioni sul bando e sulle modalità di partecipazione si prega di scrivere esclusivamente al seguente indirizzo mail: info@con-etica.it o di contattare la Fondazione al numero 055 4936073 (Barbara Setti) nei seguenti orari: martedì, giovedì e venerdì: dalle 10 alle 12.

 

Questo progetto è reso possibile grazie grazie alla devoluzione di una parte degli utili di Etica Sgr la società di gestione del risparmio specializzata in investimenti responsabili.

Cresce il team della Fondazione

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cresce il team della fondazione

Flavia Brunetti e Marta Soricetti entrano nel team di Fondazione Finanza Etica come volontarie del Servizio Civile della Regione Toscana

 

Marta

Ciao sono Marta ho 29 anni, due anni fa ho iniziato scienze politiche, dopo una formazione artistica in ambito di moda e design. Questo cambio di vita è nato dalla necessità di sposare valori in cui credo e per contribuire con le mie forze al miglioramento della società in termini di equità, giustizia o innovazione ecologica.

Nel tempo libero, oltre alla passione per lo sport, mi dedico al volontariato e affianco avvocati a uno sportello che offre assistenza legale gratuita a stranieri.

Ho scelto di fare servizio civile in quanto considero che sia un’opportunità unica per entrare in contatto anche in termini lavorativi con enti che hanno progetti estremamente interessanti per il tipo di corso di studio che ho intrapreso. La mia scelta è ricaduta nello specifico su Fondazione Finanza Etica perché conosco da molto tempo Banca Etica e da sempre ne ammiro gli ideali. In più credo fortemente che un approccio finanziario sia in fin dei conti il più attuativo, anche se indirettamente, per risolvere gravi problemi contemporanei. La nostra società infatti si basa moltissimo sugli interessi economici, quindi guardare alla finanza come motore di cambiamento potrebbe essere la via per raggiungere le cause dei mal funzionamenti odierni alla sua fonte e cambiarli.”

FLAVIA

Ciao, sono Flavia e sono una studentessa di economia politica. Durante i miei studi universitari ho sempre ricercato – con difficoltà – un approccio all’economia che prevedesse una critica al paradigma neoliberista dominante e alla finanziarizzazione dell’economia. Questo mi ha portato a selezionare l’unico corso di finanza etica presente nella mia facoltà.

Quando all’organizzazione studentesca di cui faccio parte come attivista e rappresentante dellə studentə è arrivata la mail di chiamata al servizio civile di Fondazione Finanza Etica, ho colto l’occasione per approfondire il tema e spendermi attivamente per la diffusione di una cultura finanziaria e di una critica alla finanza tradizionale.

Sarò una volontaria del servizio civile presso Fondazione Finanza Etica per il prossimo anno, durante il quale cercherò di imparare il più possibile e di restituire alla comunità quello che ho imparato, cercando di diffondere cultura finanziaria e pensiero critico.”

COM RES – Comunità Resilienti, entra nel vivo la raccolta di esperienze e pratiche territoriali

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COM-RES

Coinvolte Italia e Spagna, l’intento è portare alla luce pratiche e modelli di innovazione sociale ed economica, intrinsecamente resilienti

 

COM-RES – Le Comunità Resilienti ai Tempi del Covid-19 è un progetto finanziato da Fondazione Finanza Etica, promosso da Banca Etica e coordinato dall’Associazione Bottega del Terzo Settore insieme a una rete internazionale di partner – tra i quali anche Riabitare l’Italia, referente scientifico.

 

Cosa cerchiamo?

COM-RES, giunto alla seconda fase di mappatura, è alla ricerca, in Italia e in Spagna, di pratiche e modelli di innovazione sociale ed economica, intrinsecamente resilienti e potenzialmente replicabili sui territori messi in contatto fra di loro.

COM-RES intende, infatti, mappare e selezionare progetti ed esperienze trasformative della realtà; luoghi e casi in cui le comunità – e in particolare le categorie socialmente più a rischio – trovano risposte adeguate agli shock subiti, fanno della tutela dell’ambiente un asset importante della propria attività, e operano per sostenere la transizione ecologica, economica e sociale dei territori.

Il progetto è rivolto alle Aree Interne e rurali, e alle piccole e medie città; ma accoglie anche esperienze provenienti dalle periferie delle grandi città, che a causa della pandemia hanno registrato nuove fragilità territoriali.
La mappatura comprende trasversalmente realtà attive nei settori sia economici che sociali, e dunque vicine ai temi dell’agricoltura, dell’abitare, dei modelli sanitari e socio-sanitari, del turismo sostenibile, dell’energia e delle comunità energetiche, della riqualificazione/gestione di spazi, del welfare culturale etc.

 

Perché?

COM-RES si propone di portare alla luce luoghi ed esperienze innovative, decodificarne pratiche ed elementi di resilienza, e metterli in rete fra di loro; per costruire una nuova consapevolezza collettiva che ridefinisca il benessere sostenibile e incoraggi nuovi comportamenti sociali, anche nei territori più fragili.

Attraverso il report di mappatura – e in occasioni come quella dell’evento finale, programmato per il mese di giugno 2022 ad Ascoli Piceno – il progetto si impegnerà a dare ampio valore e riconoscimento alla rete diffusa delle realtà selezionate, con l’obiettivo di aumentarne la visibilità, incentivare nuovi legami e potenziarne l’azione sui rispettivi territori.

 

Come partecipare?

Per candidarsi al progetto basta compilare il questionario contenuto nel modulo di seguito entro il 29 Novembre 2021.
Link al modulo >>QUI<<

Per qualsiasi informazione è possibile scrivere alla mail di progetto, comres19@gmail.com, alla quale risponderà Liviano Mariella, Responsabile della Mappatura, insieme al team di Riabitare l’Italia e di Bottega del Terzo Settore.

 

 

 

Una piccola vittoria contro i paradisi fiscali

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Assicurazioni Generali e le Isole Vergini Britanniche

I Pandora Papers

 

I Pandora Papers è un’inchiesta giornalista coordinata tra decine di giornali che ha reso pubbliche numerose informazioni sui patrimoni conservati nei paradisi fiscali. Il “paradiso” più citato sono le Isole Vergini Britanniche.

Qui hanno depositato i loro “sudati” risparmi Gianluca Vialli, Monica Bellucci (beneficiaria di una offshore nelle amene isole inglesi chiamata Kloraine Limited), il presidente del Cile Sebastián Piñera (che avrebbe utilizzato una offshore per vendere, per 140 milioni di dollari, una parte di una compagnia mineraria cilena a un imprenditore amico, a sua volta
nascosto dietro un’altra società registrata nelle Isole Vergini), la cantante Shakira (che avrebbe così frodato il fisco per 14,5 milioni di dollari).

Meraviglioso luogo di vacanze, le Isole Vergini sono perfette per evadere il fisco. Circa mezzo milione di aziende estere
(società e banche), nel corso degli utlimi 20 anni, hanno scelto di registrarsi o aprire appositi sportelli e uffici qui. Non certo per lo splendido clima e il paradiso naturale, bensì per quello fiscale: bassa o nessuna imposizione fiscale e assenza di norme e misure restrittive di controllo sul versante delle transazioni finanziarie. Uno Stato di meno di 30 mila abitanti che infligge oltre 16 miliardi di dollari di perdite di mancati introiti fiscali a molti altri Stati. Per questo Tax Justice Network lo colloca al primo posto nella sua hall of shame dei paradisi fiscali. Da solo è responsabile del 6,4% dei
paradisi fiscali globali. Olanda, Cina e Hong Kong sono i partner commerciali che causano la loro maggiore vulnerabilità ai flussi finanziari illeciti.

 

Generali e le Isole Vergini Britanniche

Anche noi di Fondazione Finanza Etica abbiamo avuto a che vedere con le Isole Vergini Britanniche. Ma, tranquilli, non perché vi abbiamo portato i nostri (ben pochi) denari. Atacama Investment Ltd è una società del Gruppo Generali che ha sede nelle Isole Vergini Britanniche. Fondata nel 2001 da BSI Bank, viene venduta a Generali nel 2015. Generali ha una forte presenza in Cile e Atacama è proprietaria per l’86,11% del Fondo Pensioni Planvital SA, registrato in Cile. È chiaro quindi perché Generali ha acquistato Atacama.

Nel nostro engagement abbiamo chiesto a Generali: “Se Atacama gestisce solo asset cileni, perché non la trasferite in Cile invece di tenerla nel paradiso fiscale peggiore del mondo?”. La nostra domanda ha scosso Generali. A tal punto che durante il nostro engagement con loro nel 2021 ci hanno dato ragione! Atacama è stata quindi incorporata per fusione in Atacama Invest, società di gestione del risparmio con sede in Cile.

Una piccola goccia nell’oceano dell’evasione fiscale internazionale. Ma anche una dimostrazione che le aziende possono imboccare strade diverse – quelle della sostenibilità a 360° – e, fosse anche per motivi di immagine, questo le costringe a comportamenti coerenti perché il rischio reputazionale è troppo grande per essere corso. L’azionariato critico, quindi, si dimostra una leva efficace per indurre cambiamenti concreti nei comportamenti delle imprese quotate quando anche questo non si limita a cercare visibilità e scoop, ma si articola in un dialogo costante, competente e
testardo con l’impresa.

 

Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica

Economia, Finanza e Nonviolenza, a sessant’anni dalla prima marcia della pace

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Economia Finanza Nonviolenza 60 anni marcia pace

Pace e diritti umani, uguaglianza, democrazia, solidarietà, dignità, libertà, giustizia, fraternità….

Erano queste le parole chiave con cui Aldo Capitini, uno dei più importanti testimoni della pace e della nonviolenza, 60 anni fa inaugurava la prima marcia Perugia Assisi, proponendo  a uomini e donne di buona volontà di scendere in strada per affermare che la pace non può essere semplice assenza di guerre, ma il risultato di una azione continua e profonda volta a far propri e praticare  quei valori che rappresentano l’essenza del nostro essere umani. Valori senza i quali non si possono costruire le relazioni che sono alla base di comunità eque, solidali, inclusive e (oggi si dice) resilienti.

Questa marcia segnò anche l’inizio “ufficiale” di un movimento in grado di raccogliere aspettative ed istanze e incanalarle verso iniziative che contribuirono e contribuiscono tuttora alla crescita della nostra cultura democratica iniziata dopo il secondo conflitto mondiale. A riprova di questo, oltre al rafforzamento di una sensibilità europeista, alcune leggi importanti: la legge sull’obiezione di coscienza e servizio civile; la legge 185/90 sul controllo dell’export delle armi.

Grazie al confronto su come attualizzare in modo più efficace questa visione della società si aprirono altri filoni di approfondimento. Dal rapporto nord sud, alla tutela dell’ambiente, al lavoro, all’economia e alla finanza. Sì, perché non ci può essere pace in un contesto socialmente ed ecologicamente degradato, senza la possibilità di un lavoro dignitoso, senza una democrazia che non tocchi anche la dimensione economica e finanziaria.

Iniziò così, all’interno dei movimenti per la pace, una riflessione su come un approccio nonviolenza potesse trasformare l’economia e la finanza. Di fatto si posero o si rafforzarono le basi su cui si sarebbero sviluppate molte delle iniziative di economia sociale e solidale. Sarà poi il movimento dell’obiezione di coscienza (al servizio militare, alle spese militari), con il coinvolgimento di migliaia di giovani nello scegliere il servizio civile, ma anche nell’affrontare con criticità le scelte nel campo dei consumi, del lavoro e del risparmio, a dare impulso alla cultura del consumo critico, del commercio equo, dei nuovi stili di vita, dell’economia solidale e della finanza etica.

Questo è l’humus sul quale sono nate le prime esperienza di finanza etica (Magmutue auto gestione) e successivamente Banca Etica, dando così la possibilità a moltissime persone di gestire il proprio denaro in funzione di un progetto di vita fondato su relazioni eque, solidali e nonviolente.

Una scelta e una responsabilità importanti per mettere al centro della finanza l’interesse più alto, che è quello di tutti e tutte.

Marco Piccolo, presidente di Fondazione Finanza Etica

Social Business Change

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Social Business Change

Aperte le candidature per il progetto promosso dall’Università di Bologna

 

Fondazione Finanza Etica collabora al progetto Social Business Change rivolto agli studenti dell’Università di Bologna, che si svolgerà da ottobre 2021 a maggio 2022.

Gli studenti dovranno sviluppare idee con potenziale impatto imprenditoriale che rispondano alle sfide dell’impresa sociale per l’innovazione sociale e della sostenibilità “SUBID” Sustainability Business Ideas.

Fondazione Finanza Etica, in qualità di partner di progetto, realizzerà un focus specifico sul tema “Criptovalute: la sfida della sostenibilità”, per la formazione sui temi dei rischi economico, ambientale e sociale correlati agli investimenti in criptovalute.

Il percorso si aprirà con tre giorni di hackathon dal 20 al 22 ottobre, rivolti all’ideazione dei progetti imprenditoriali.

I progetti selezionati parteciperanno al  percorso di sviluppo, articolato in una serie di incontri tra novembre 2021 e maggio 2022.

 

Come candidarsi

Le candidature dovranno arrivare entro le ore 12.00 di venerdì 15 ottobre 2021 tramite la compilazione del modulo online accedendo con le credenziali istituzionali (@studio.unibo.it).

Il progetto è un’iniziativa dell’Università di Bologna e utilizza le attrezzature del Makerspace di Ateneo ALMALABOR.

 

Informazioni di partecipazione

Per informazioni: https://site.unibo.it/idea/it/la-nostra-idea/attivita-e-iniziative/social-business-change

Scarica il Bando per partecipare

 

Armi e finanza

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Armi e finanza

Un dibattito sulla trasparenza finanziaria delle armi

 

Martedì 5 ottobre, ore 17.30 Webinar su Attiviamo Energie Positive

 

Le armi con cui si combattono le guerre e si opprimono i cittadini innocenti ai quattro angoli del mondo non crescono spontaneamente sugli alberi, né sono il risultato di oscure trame produttive di gruppi terroristici clandestini. Spesso si producono e si commerciano dalle nostre civili democrazie. Certamente sono finanziate, attraverso produzioni e commerci, dalle nostre banche; con i nostri soldi. Trasparenza e scelte coerenti con le altisonanti dichiarazioni di sostenibilità renderebbero civile la finanza e le banche ciniche che, pur di staccare dividendi cospicui per gli azionisti non guardano in faccia ai diritti umani. Ma qualcosa sta cambiando nel mondo della finanza? Quale ruolo per i cittadini risparmiatori? Quali leggi per fermare i flussi finanziari che alimentano guerre e repressione dei diritti delle persone?

 

Ne parliamo con Raffaele Crocco (Atlante Guerre e Conflitti, Unimondo), Martina Pignatti Morano (Presidente del Comitato Etico Banca Etica) e Francesco Vignarca (Rete Pace e Disarmo). Modera Claudia Vago, project manager di Valori.it