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È inutile piangere sull’acqua versata

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Di una ricerca dell’European House-Ambrosetti sul valore (economico) dell’acqua

 

La ricerca Community Valore Acqua, giunta alla seconda edizione, fra i tanti dati mette in risalto come il settore in Italia soffre di un cronico deficit di investimenti: 40 euro per abitante all’anno, contro una media europea di 100. Ci consegna così la fotografia di una rete idrica nazionale “anziana”: il 60% ha più di 30 anni e il 25% oltre i 50. Una rete che fa acqua da tutte le parti. Perdiamo infatti il 47,6% di acqua potabile prima che arrivi ai nostri rubinetti. Il 10% in più dello scorso decennio.

E quindi? Beh, visto che la tariffa media italiana è particolarmente bassa (2,08 € per metro cubo, cioè 0,2 centesimo al litro), il consiglio di Community Valore Acqua è: aumentiamo le tariffe così si potrà investire per migliorare le rete di distribuzione e disperdere meno acqua. Ma qualcosa non torna. Infatti, il fatturato del settore del ciclo idrico è aumentato del 4,4% annuo nel periodo 2013-2019, arrivando alla cifra record di 21,4 miliardi di euro. Ma allora se il fatturato sale e la rete peggiora, aumentando la dispersione dell’acqua potabile, dove vanno a finire questi flussi di soldi?

Noi possiamo raccontarvi una storia, che forse non spiega tutto, ma qualcosa sì.

 

L’azionariato critico della Fondazione su ACEA S.p.A.

Acea S.p.A. è la più grande azienda mista pubblico-privata nel campo delle multiutility di gestione della risorsa idrica italiana. Attraverso le sue diverse controllate, Acea apre e chiude i rubinetti di molte grandi città italiane, a partire dalla Capitale.

Fondazione Finanza Etica dal 2017 svolge attività di azionariato critico nei confronti di Acea, insieme al Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua. Da questa esperienza, possiamo dire che le cose non stanno esattamente come le descrive European House-Ambrosetti.

Nel 2017 concentrammo la nostra attenzione su Acea Ato 2, società controllata da Acea, che gestisce il servizio idrico di Roma e Provincia, 96 comuni per un bacino di utenza di circa 4 milioni di cittadini.

Dal 2011 al 2016 Acea Ato 2 aveva visto una crescita del suo utile netto dell’85,75%, passando da 48,37 a 89,85 milioni di euro. Ciò grazie all’aumento delle tariffe deliberata dalla conferenza dei sindaci nel 2012: dopo il referendum del 2011 era stata abolita la remunerazione garantita del capitale investito del 7% Tuttavia, le norme stabilite dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente hanno consentito aumenti di tariffa che hanno portato all’aumento della remunerazione del capitale degli azionisti del 10%. La motivazione era data dalla necessità di aumentare gli investimenti da realizzare nel periodo 2012-2015 sia per migliorare la rete idrica, ma anche per ridurre la dispersione. Nel Comune di Roma, infatti, si arrivava a picchi di dispersione del 45% rispetto all’acqua potabile immessa nella rete.

Gli investimenti nel quadriennio erano previsti per 951,8 milioni di euro. Peccato che i bilanci degli ultimi quattro anni evidenziavano che soltanto 576,83 milioni erano stati effettivamente realizzati; 374,97 milioni sono rimasti, infatti, nel cassetto. Ma mentre molte risorse restavano al palo, i soci di Acea Ato 2 aumentavano la remunerazione del capitale del 3% rispetto al passato. Infatti, nella stessa assemblea generale di Acea del 2017 gli azionisti intascavano cedole milionarie. Fra questi il 51% era detenuto dal Comune di Roma, che certo ci avrà fatto il proprio bilancio, ma a scapito di investimenti nella propria rete idrica.

 

Remunerazione degli azionisti e crisi idrica

In quella assemblea Fondazione Finanza Etica intervenne e votò contro il piano di remunerazione delle azioni che distribuiva agli azionisti (i maggiori Comune di Roma con il 51%, Suez SA per oltre il 23% e a Francesco Gaetano Caltagirone per circa il 5%) il 93% degli utili,. Pochi mesi dopo, Roma è andata incontro a una gravissima crisi idrica. Un esempio che dimostra cosa mette in pericolo la risorsa idrica in Italia: non le basse tariffe, né soltanto il deficit di investimenti, bensì l’incapacità di realizzare gli investimenti programmati e l’ingordigia degli azionisti.

A questo livello occorre individuare le cause dei mali denunciati dalla ricerca Community Valore Acqua. Altrimenti è inutile piangere sull’acqua versata.

 

Simone Siliani, direttore Fondazione Finanza Etica

 

Foto di Peter H da Pixabay

L’azionariato critico della Fondazione per il prossimo triennio

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Gli ultimi dodici anni di azionariato critico della Fondazione

Negli ultimi dodici anni, la Fondazione ha partecipato a 41 assemblee. Ha sottoposto decine di domande a sette grandi gruppi quotati in borsa, in collaborazione con organizzazioni della società civile italiana e internazionale. Ottenendo risposte, spesso insoddisfacenti, che hanno poi portato alla formulazione di nuove domande, a incontri con il management delle imprese, prima e dopo le assemblee, e ad alcuni, importanti risultati.
Questo è il piano di azionariato critico di Fondazione Finanza Etica per il prossimo triennio.

 

Il triennio 2021-2024

Gli indirizzi dell’azionariato critico della Fondazione per il prossimo triennio ruotano attorno ad alcuni capisaldi.

Impegno contro il riscaldamento globale, cioè a favore di una conversione di tutta la finanza verso la sostenibilità ambientale e non solo di quote percentualmente marginali dell’attività finanziaria degli enti di credito e delle società d’investimento.

Impegno sui temi della sostenibilità sociale degli investimenti e degli impieghi del risparmio. In particolare, Fondazione Finanza Etica concentrerà il suo impegno nell’azionariato critico sulle questioni dei diritti umani, sociali e sindacali dei lavoratori lungo l’intera filiera produttiva delle imprese sulle quali la Fondazione svolgerà attività di azionariato critico.

Impegno sui temi relativi alla Governance delle imprese. La Fondazione si concentrerà sui temi dell’elusione fiscale attraverso transazioni o collocazione di imprese nei paesi a fiscalità agevolata o veri e propri paradisi fiscali. Valuterà inoltre le retribuzioni dei manager e i parametri ESG di valutazione. Grande attenzione sarà posta anche alle questioni di equilibrio di genere all’interno degli organi, della struttura e delle retribuzioni.

 

L’azionariato critico e la finanza etica

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L’azionariato critico per Fondazione Finanza Etica

L’azionariato critico è per Fondazione Finanza Etica uno strumento per mettere in evidenza quali sono gli impatti sociali e ambientali delle scelte finanziarie in grandi imprese quotate e le loro scelte di sostenibilità. Per noi le grandi imprese dovrebbero guardare non soltanto i risultati finanziari di breve termine – tipicamente i dividendi per gli azionisti, bensì lo sviluppo a medio-lungo termine dell’impresa e il suo ruolo nella società.

 

Un diverso modo di essere grande impresa

Attraverso l’azionariato critico Fondazione Finanza Etica cerca di prefigurare un modo diverso di essere impresa. E di un tipo particolare d’impresa: quelle quotate in Borsa. Grandi imprese, cioè,  in termini di impiegati e fatturato, il cui successo è misurato nella capacità delle azioni di incrementare il capitale finale della società.

La raccolta di risparmio avviene, appunto, attraverso l’emissione di azioni o obbligazioni che sono collocate sui mercati regolamentati. Regolamentati da chi? Dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, dalla CONSOB, con funzioni di vigilanza e controllo; dal Testo Unico della Finanza e dall’Unione Europea, con la direttiva sulla trasparenza.

Nelle società quotate chiunque può decidere di investire denaro acquistando azioni, in qualche modo scommettendo che quelle azioni avranno un rendimento positivo. Ciò che conta è il rischio di mercato che si associa al rischio d’impresa.

Questa caratteristica delle imprese quotate determina che:

  • abbiano un gran numero di piccoli azionisti, il cui interesse è spesso molto “egoistico”, frammentato e, in genere, di breve termine. Detto in parole povere, al piccolo azionista al limite interessa poco che l’azienda sia florida e abbia una buona performance produttiva (meno che mai sociale e ambientale); basta che ogni anno gli garantisca un dividendo o comunque la crescita del valore delle azioni;
  • l’azienda è controllata, di solito (in Italia), da un azionista di riferimento che detiene di gran lunga il pacchetto azionario maggiore. È questo azionista il vero dominus dell’azienda.

 

Le Assemblee Generali degli Azionisti

A causa di queste caratteristiche, le Assemblee generali degli azionisti annuali diventano una mera formalità; mentre dovrebbero essere il momento di massima espressione dell’esercizio da parte degli azionisti della funzione di indirizzo e controllo sul management dell’azienda.

A voler essere più espliciti, questo dovrebbe essere il momento massimo della democrazia interna in cui i proprietari dell’azienda, tutti, grandi e piccoli, esercitano il loro diritto-dovere di governo attivo e responsabile dell’azienda. Invece tutto si svolge in un’atmosfera felpata e ipocritamente formale: (quasi) nessuna discussione sui punti di contenuto dell’ordine del giorno, in particolare il bilancio e il resoconto sull’andamento dell’azienda nell’anno precedente, nessuna valutazione sull’operato degli organi di governo e sul rinnovo (quando del caso) del CdA; poca attenzione agli atti che definiscono la policy di remunerazione degli amministratori e soprattutto dell’Amministratore delegato.

L’interesse dell’azionista di riferimento è che questo passaggio avvenga nel modo più rapido e indolore possibile, così da poter continuare a governare l’azienda decidendone gli indirizzi in altre sedi, meno aperte e democratiche. L’interesse dell’arcipelago dei piccoli azionisti (quando presenti) è quello di arrivare e approvare il punto sui dividendi, cioè sul valore delle azioni in cui hanno investito i loro soldi e, infine, sul “mitico” buffet conclusivo.

Molti di loro vedono l’assemblea come un’occasione di visibilità, nella quale hanno la possibilità di prendere il microfono e adulare l’amministratore delegato o mostrare le proprie conoscenze sull’analisi di bilancio o su altri temi.

 

Il ruolo degli azionisti critici

È chiaro che in questa pax societaria e in questo “cimitero” di democrazia interna all’azienda la presenza degli azionisti critici, attivi e responsabili diventa un mal sopportato elemento di disturbo. In realtà non fanno altro che esercitare un loro diritto-dovere di proprietari – in quota parte – dell’azienda, di “cittadinanza attiva” dentro questa comunità particolare che è l’impresa.

Di più, crediamo che il loro agire corrisponda nello spirito e nella lettera al mandato contenuto nell’art. 41 della nostra Costituzione.

L’iniziativa economica privata è libera”, ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Cosa vuol dire, in concreto, se non il fatto che i cittadini che investono il loro risparmio nelle aziende quotate si rendano protagonisti di vigilare e indirizzare la “propria” azienda in una direzione coerente con questo dettato costituzionale? E, soprattutto, che quando la “propria” azienda devia da questo solco, tutti gli azionisti sarebbero chiamati a intervenire per quanto nei propri poteri a ricondurla dentro questi binari.

 

E il ruolo dello Stato

D’altra parte, prosegue l’art. 41, “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Sarebbe, dunque, anche compito dello Stato svolgere questa funzione. Il dettato costituzionale deve essere garantito tanto più quando lo Stato è l’azionista di riferimento; come nel caso di Eni, Enel e Leonardo, per quanto ci riguarda.

Questo attivismo aziendale da parte dello Stato è rafforzato dall’art. 43 della Costituzione: “A fini di utilità generale, la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. L’interesse generale di cui parla l’art. 43 cosa è se non anche la tutela dell’ambiente e dei diritti umani che sono implicati nelle attività di dette imprese?

E, infine, l’art. 47 della Costituzione: la Repubblica favorisce il “diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”; si trasferisce così all’azionista almeno quota parte di quella responsabilità di indirizzo e controllo verso le finalità sociali delle aziende di cui sono proprietari.

 

L’azionariato critico e la finanza etica

L’azionariato critico consente anche di riflettere sul ruolo dell’azionista nelle imprese quotate e di partecipare alla vita delle imprese in un’ottica di democrazia economica.
In questo senso l’azionariato critico si lega alla finanza etica e a una riflessione sull’uso del denaro.

Essere un azionista non significa unicamente cercare i più alti profitti nel minor tempo possibile, ma in primo luogo diventare comproprietario dell’impresa. Questo implica diritti, ma anche doveri, primo tra tutti quello di partecipare attivamente alla vita dell’impresa.

L’azionista ha il dovere di interloquire con il management dell’impresa che gestisce, di fatto, il suo denaro. E, dal punto di vista della finanza etica, anche il dovere di sapere cosa l’azienda fa con il suo denaro.

Una riflessione particolare vale quando l’azionista di riferimento è lo Stato. Lo Stato, infatti, dovrebbe partecipare direttamente nella compagine sociale di una grande impresa non per massimizzare i ricavi, ma per realizzare obiettivi di sviluppo e di interesse comune. Questo tema è particolarmente rilevante nei casi di Enel, Eni e Leonardo, dove lo Stato è l’azionista di riferimento; o di Acea, nel quale il Comune di Roma è l’azionista di maggioranza.

 

Le contraddizioni dell’azionista Stato

Le contraddizioni che spesso la Fondazione rileva nel comportamento di questo azionista “speciale” dovrebbero essere oggetto di riflessione per tutti gli stakeholder di un Paese.

Se lo Stato, azionista di riferimento di Leonardo che produce anche armi, è lo stesso che ne autorizza la vendita a paesi in conflitto, ciò implica una responsabilità ulteriore del Governo. Così, se lo Stato è azionista di Eni, il cui management è implicato in un caso di corruzione internazionale, la responsabilità del Governo è ulteriore rispetto a quella di indirizzo nelle politiche energetiche.

Non è fuori luogo parlare di partecipazione alla vita delle imprese in termini di democrazia economica nemmeno per le imprese quotate ad azionariato diffuso. Quando infatti il capitale sociale è estremamente disperso, il potere si concentra in modo sproporzionato sui manager e sulla dirigenza. Ma il loro principale obiettivo è spesso di massimizzare il valore delle azioni per assecondare le aspettative degli azionisti di maggioranza.

L’azionariato critico pone l’accento sul ruolo attivo e la responsabilità etica di ognuno dei comproprietari. Diventa così anche uno strumento che permette di migliorare  la partecipazione dei piccoli azionisti e dei cittadini alle scelte delle imprese in campo finanziario.

 

Simone Siliani, Direttore di Fondazione Finanza Etica

Proteggere l’Amazzonia e i diritti delle popolazioni indigene

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Proteggere l'Amazzonia e i diritti delle popolazioni indigene

Gli investitori cattolici chiedono al governo brasiliano di proteggere l’Amazzonia e i diritti delle popolazioni indigene

 

La Commissione Speciale per l’Ecologia Integrale e l’Estrazione Mineraria della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB), il Movimento Cattolico Mondiale per il Clima (GCCM) e la Banca della Chiesa cattolica tedesca, Bank für Kirche und Caritas (BKC), guidano un gruppo internazionale di quasi 100 istituzioni cattoliche di 18 paesi e chiedono al governo brasiliano un impegno maggiore per la protezione dell’Amazzonia e dei diritti delle popolazioni indigene che lì vivono.

 

La lettera, che è stata inviata il 29 marzo ad alti funzionari del governo brasiliano, tra cui il presidente Jair Bolsonaro e il vicepresidente Hamilton Mourão, contiene richieste concrete per la protezione della foresta pluviale e delle popolazioni indigene. La lettera chiede anche un ulteriore dialogo con il governo brasiliano nella speranza che i rappresentanti nel Paese a maggioranza cattolica ascoltino i brasiliani e si prendano cura della nostra casa comune.

Un sondaggio del 2019 ha rilevato che sette cattolici su 10 in Brasile pensano che preservare l’Amazzonia sia “molto importante” e l’85% ha risposto che considera un peccato l’attacco alla foresta amazzonica.
La distruzione della foresta pluviale amazzonica, essenziale per la protezione del clima mondiale, è aumentata maggiormente durante l’attuale mandato di governo.
La spietata deforestazione e il “taglia e brucia” dell’Amazzonia non solo hanno lasciato dietro di sé una scia di disastrosa distruzione ambientale, hanno anche portato alla privazione dei diritti civili, a sfollamenti e ad omicidi di indigeni che lì vivono.

Questo modello di sviluppo capitalista, che uccide la vita umana e l’ambiente è in netto contrasto con l’insegnamento cristiano sull’Integrità del Creato e con l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco

Queste le parole di Mons. Vicente de Paula Ferreira, Segretario della Commissione Speciale per l’Ecologia Integrale e l’Estrazione mineraria per la Conferenza Episcopale Brasiliana.

 

Le richieste delle organizzazioni cattoliche

Tra le richieste avanzate dal gruppo cattolico c’è l’attuazione di un piano coerente per combattere la deforestazione, che includa un budget specifico ed obiettivi intermedi misurabili.
Il gruppo cattolico chiede anche un ampliamento delle risorse per combattere gli incendi e l’agenzia brasiliana per la protezione dell’ambiente (IBAMA) nella regione amazzonica.

In linea con gli insegnamenti di Papa Francesco nella Laudato si’ e in Querida Amazonia, le organizzazioni cattoliche hanno chiesto al governo brasiliano di rispettare i diritti di proprietà fondiaria e i diritti umani delle popolazioni indigene.

Tommy Piemonte, Responsabile della Ricerca sugli Investimenti Sostenibili presso BKC-Bank für Kirche und Caritas, ha dichiarato: “Siamo convinti della necessità di sfruttare appieno le nostre possibilità come partecipanti ai mercati finanziari cattolici e di alzare la nostra ‘voce’ avviando un dialogo di impegno con il governo brasiliano e provando a motivarlo al rispetto, finalmente, dei diritti umani e ambientali in Amazzonia“. BKC è tra i soci fondatori di SfC-Shareholders for Change, network di investitori critici fondata anche da Fondazione Finanza Etica

 

Il dialogo degli investitori istituzionali

Nell’ultimo anno, gli investitori istituzionali convenzionali hanno avviato dialoghi con il governo brasiliano. La neonata coalizione cattolica sta ora cercando di fare rete qui per raggruppare la pressione degli investitori.
In quanto alleanza cattolica così ampia, possiamo certamente dare un contributo utile allo sforzo comune, perché in un paese cattolico come il Brasile, forse una ‘voce cattolica’ sarà ascoltata e aumenterà la pressione sul governo“, sostiene Tomás Insua, Direttore Esecutivo del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima.
Piemonte ha aggiunto: “Stiamo cercando di avviare un dialogo costruttivo per implementare le nostre richieste. Se, però, il governo brasiliano non prende una posizione ferma contro la deforestazione della foresta pluviale e la privazione dei diritti della popolazione indigena, noi, in quanto investitori cattolici, vedremo sempre più ritirarsi le nostre basi come investitori istituzionali attuali e potenziali nei titoli di stato brasiliani e in società di certi settori“.

L’intera lettera e i nomi di tutti i firmatari sono disponibili su >>QUI<<.

 

Foto di Pexels da Pixabay

Matthias: in Svizzera gli azionisti vogliono dire la loro sul clima

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Matthias: in Svizzera gli azionisti vogliono dire la loro sul clima

Si chiama “Say on Climate” e significa “dì la tua sul clima”. 

 

«L’idea è semplice», spiega Matthias Narr, responsabile internazionale per l’engagement della fondazione Ethos di Ginevra, uno dei tre soci svizzeri di Shareholders for Change. «Da oltre dieci anni alle assemblee annuali degli azionisti si possono votare i piani di remunerazione di amministratori e top manager. Possiamo dire come la pensiamo sui bonus, sui livelli delle paghe e sui sistemi che si usano per calcolarli. Ora chiediamo che si possa fare lo stesso per i piani di riduzione delle emissioni di gas serra, di cui molte imprese quotate in borsa si stanno dotando. Devono essere in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».

Gli azionisti vogliono avere la possibilità di dire alle imprese: «Il vostro piano per la riduzione delle emissioni è troppo vago e quindi vi chiediamo di fornire più dettagli e nel frattempo votiamo contro o ci asteniamo», continua Matthias Narr.

Oppure, se il piano è buono, si può votare a favore, controllando però ogni anno se gli impegni sono stati rispettati e gli obiettivi intermedi raggiunti. In ogni caso si tratta sempre di voti consultivi: se passano, l’impresa non è obbligata a fare nulla. Ma un voto consultivo contrario da parte di una forte minoranza o addirittura dalla maggioranza degli azionisti fa comunque discutere; e, di solito, le imprese ne tengono conto.

 

Matthias, da 12 anni a servizio della finanza sostenibile

Matthias ha 40 anni e abita a Zurigo. Da 12 anni si dedica alla finanza sostenibile, prima come analista e poi come specialista di dialoghi con le imprese su temi sociali, ambientali e di governance. In tasca ha una laurea in scienze politiche con un indirizzo economico e giuridico internazionale.

Nei primi mesi del 2021 Ethos, che rappresenta oltre 220 fondi pensione svizzeri, ha chiesto di far votare i propri piani di decarbonizzazione dalle assemblee degli azionisti a due grandi gruppi con sede in Svizzera: il colosso del settore alimentare Nestlé e la multinazionale del cemento Lafarge-Holcim, . A una lettera, spedita nel dicembre del 2020, sono seguite decine di call e mail. E alla fine le due imprese hanno accettato la proposta.

Nestlé farà votare il suo piano già all’assemblea di quest’anno, il 15 aprile. Mentre Lafarge-Holcim si è impegnato a preparare un piano di transizione climatica per sottoporlo al voto degli azionisti nel 2022.

«Le cose stanno andando nella direzione giusta», spiega Matthias. «Ma è solo il primo passo. Questi voti dovranno diventare la normalità ed essere ripetuti ogni anno. Come dovrebbe essere normale che tutte le imprese quotate in borsa preparino un piano di riduzione degli impatti climatici con obiettivi e scadenze ben precisi».

Allo stesso tempo gli investitori devono sviluppare le competenze necessarie per valutare le strategie climatiche delle imprese. Questa è l’altro aspetto importante del meccanismo “Say on Climate“.

 

“Say on Climate” al centro dell’azionariato attivo di altri membri di Shareholders for Change

Fondazione Finanza Etica ci proverà con Eni e con il gigante svedese dell’abbigliamento H&M. Mentre Meeschaert Asset Management si impegnerà con la società petrolifera francese Total e con l’utility Engie.

A livello globale, l’iniziativa è sostenuta da molti società di investimento e reti di investitori, come ad esempio IIGCC-The Institutional Investors Group on Climate Change, il gruppo di investitori istituzionali sul cambiamento climatico composto da oltre 275 membri con asset per oltre 35 trilioni di euro.

Modelli e pratiche per l’inclusione dei cittadini di paesi terzi

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Modelli e pratiche per l'inclusione dei cittadini di paesi terzi

Venerdì 26 marzo, dalle ore 10.30 alle 19.30, webmeeting su Lavoro, impresa e monete complementari. Modelli e pratiche per l’inclusione sociale ed economica dei cittadini di paesi terzi

 

per iscriversi link QUI

 

Sessione mattutina | h 10.30-12.30

Lavoro, impresa e moneta

Apertura dei lavori
Stefano Ciuoffo, Assessore Politiche per l’Immigrazione Regione Toscana

Elena Conti, Anci Toscana | Il progetto Savoir Faire, modelli e pratiche

Triantafillos Loukarelis, UNAR | Rischi di discriminazione e non inclusione in tempo di pandemia

Massimo Amato, Università Bocconi Unità di ricerca MINTS | Progetto di inserzione attraverso la moneta complementare: i Buoni di Solidarietà Territoriale

Elisabetta Perulli, Ricercatrice | Validazione dell’apprendimento da esperienza e certificazione delle competenze: il completamento del quadro e dei servizi in Italia

Ugo Biggeri, presidente di Etica Sgr | Microfinanza e microcredito per l’inclusione finanziaria dei cittadini dei Paesi terzi

Conclusioni
Sandro Fallani, Responsabile Anci Politiche per l’immigrazione, Sindaco di Scandicci

 

Focus tematici partecipati con il coinvolgimento di facilitatori esperti

Formazione e validazione delle competenze per il lavoro

h 14 – 15

Elisabetta Perulli, Ricercatrice
La Validazione dell’apprendimento non formale e informale e la certificazione delle competenze a favore di rifugiati e migranti: pratiche, questioni e prospettive

Simone Cappelli, Dirigente Settore Lavoro Regione Toscana
Cecilia Chiarugi, Dirigente Settore Sistema regionale della formazione: infrastrutture digitali e azioni di sistema
Lisa Agostini, Arti – Agenzia Regionale Toscana per l’impiego
Elisa Viti, Anci Toscana
Maurizio Serafin, Consorzio Servizi Lavoro

 

L’antidiscriminazione come prassi fra tutela giuridica e presa in carico della persona

h 15.30 – 17

Sofia Ciuffoletti, Centro Interuniversitario ADIR-Unifi
Presentazione del report di trasferibilità del modello Sportello di tutela antidiscriminatoria, diritto degli stranieri e contrasto allo sfruttamento lavorativo

Federico Faloppa, University of Reading
Bianca Cassai, Operatrice Sportello – Centro Interuniversitario ADIR-Unifi
Giuditta Giunti, Anci Toscana
Cosimo Palazzo, Comune di Milano
Rossella Celmi, Unità Integrazione OIM Italia
Alessandro Salvi, Dirigente Settore Innovazione Sociale Regione Toscana

 

Circuito di credito complementare

h 17 – 18.15

Francesca Di Giuseppe, Link3C società cooperativa
Risultati ricerca-azione per l’implementazione di un circuito di credito complementare

Giovanni Gravina, Cospe
Roberto Ciappi, Sindaco San Casciano Val di Pesa
Fabio Barcaioli, Osteria n. 13 – Perugia, Circuito Umbrex
Patrizio Mecacci, Legacoop Toscana

 

Microcredito e cittadini di Paesi terzi

h 18.15 – 19.30

Barnaba Trinca, autore del volume La via della microfinanza. Imprenditrici e imprenditori senza capitale
Luca Lo Presti, presidente Fondazione Pangea onlus
Greta Barbolini, Arci nazionale
Davide Barigelli, Banca Etica
Stefano Guerra, PerMicro – Microcredito in Italia
Irene Palmisano, referente Area Progetti di Fondazione Finanza Etica
Roland Djomeni, Storie di Microfinanza / Casi di successo

Modera Rosy Battaglia, giornalista di Valori.it

 

Evento finale del progetto Savoir-faire, Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione FAMI 2014-2020

Shareholders for Change. Gli azionisti per il cambiamento siamo noi

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Shareholders for Change

Aurélie, l’analista finanziaria verde che vuole rivoluzionare il settore petrolifero

 

Aurélie Baudhuin, responsabile della ricerca ESG e direttrice operativa di Meeschaert Asset Management, con sede a Parigi, non riesce a toglierselo dalla testa: le compagnie petrolifere devono cambiare strada al più presto, rivoluzionare il proprio modello di business e ridurre al minimo le emissioni di gas serra.

Per questo, nella primavera del 2020, si è messa a capo di un gruppo di investitori francesi ed esteri. Insieme hanno presentato una “mozione climatica” all’assemblea del colosso francese del petrolio e del gas Total.

«Un’impresa titanica, perché bisognava raccogliere più dello 0,5% del capitale, oltre 500 milioni di euro»

«Alla fine», spiega Aurélie, «ce l’abbiamo fatta e la mozione è stata votata con il sostegno, diretto e indiretto, del 28% degli azionisti. Il 17% ha votato a favore, 11% si sono astenuti».

Nella mozione si chiedeva a Total di pubblicare un piano d’azione per la riduzione delle emissioni in linea con l’Accordo di Parigi, spiegando in modo preciso con quali mezzi avrebbe raggiunto gli obiettivi prefissati.

«La mozione non è passata», continua Baudhuin. «È comunque un grande risultato: abbiamo dato un segnale molto forte alla società e a tutto il Paese. Si tratta infatti della prima mozione sul clima mai presentata in Francia».

La rete di SfC – Shareholders for Change

Originaria di Annecy, nell’Alta Savoia, Aurélie (38 anni) ha una laurea in Scienze Politiche Internazionali e vive ormai da 15 anni a Parigi. Nel dicembre del 2017 è stata nominata come prima presidente di SfC – Shareholders for Change, una rete europea di 12 investitori responsabili nata da un’idea del gruppo Banca Etica, di cui Meeschaert Asset Management è socio fondatore.

Altri due membri della rete, la francese Ecofi e la britannica Friends Provident Foundation, hanno sostenuto con le proprie azioni la mozione all’assemblea di Total.

«SfC è stata cruciale in questo caso», spiega Aurélie. «E continua ad esserlo in quasi 100 progetti di dialogo con imprese quotate in borsa in tutta Europa, a cui rivolgiamo domande in particolare su “temi orfani“, di cui nessuno generalmente si interessa in ambito finanziario, come la trasparenza e l’equità fiscale o i rischi ambientali e sociali collegati all’estrazione di terre e metalli rari».

Sul clima, la partita iniziata con Total è ancora tutta da giocare.

«Stiamo dialogando con l’impresa e con altre società francesi con emissioni elevate di gas serra», precisa la presidente di SfC. «Se non ci daranno risposte soddisfacenti, siamo pronti a organizzarci per far votare una nuova mozione».

 

Piano tedesco sulla finanza sostenibile: c’è anche Fondazione Finanza Etica

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Il Comitato consultivo del governo tedesco sulla finanza sostenibile ha indicato SfC-Shareholders for Change, coordinata da Fondazione Finanza Etica, come “buona pratica”

Il Comitato consultivo del governo tedesco per la finanza sostenibile è stato istituito nel febbraio 2019 su iniziativa Il governo di Angela Merkel.

Il 25 febbraio ha pubblicato il rapporto Shifting the trillions – una finanza sostenibile per la grande trasformazione. Il rapporto, che include 31 raccomandazioni, darà forma alla Strategia per la finanza sostenibile nazionale, per «contribuire nel miglior modo possibile allo sviluppo sostenibile».

 

Shareholders for Change è citata nella raccomandazione numero 31

La raccomandazione si riferisce al «coinvolgimento degli investitori istituzionali» come banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio, fondi pensione. Suggerisce di agevolare, anche con nuove leggi, l’attivismo degli azionisti nei confronti delle imprese di cui detengono le azioni su temi sociali e ambientali.
Per raggiungere questo obiettivo il rapporto consiglia di «scambiare informazioni e ricerche» con piattaforme di investitori; questo anche per rendere più diffuso ed efficace l’impegno degli investitori responsabili. Il rapporto cita realtà del calibro di Arbeitskreis Kirchlicher Investoren (AKI, gruppo di lavoro degli investitori che fanno riferimento alla chiesa protestante), la coalizione CRIC e. V., che riunisce più di 100 investitori tedeschi, svizzeri e austriaci, la Net Zero Asset Owner Alliance, promossa dalle Nazioni Unite e focalizzata sulla salvaguardia del clima e Shareholders for Change.

 

Chi è SfC-Shareholders for Change

Creata nel dicembre del 2017 su iniziativa del Gruppo Banca Etica e coordinata da Fondazione Finanza Etica, Shareholders for Change è una rete di investitori europei focalizzata sull’azionariato attivo. Attualmente è composta da 12 membri da sette Paesi europei, tra cui Etica Sgr, Fondazione Finanza Etica e Fundación Finanzas Éticas, che rappresentano oltre 30 miliardi di euro di patrimonio gestito.


«Siamo molto orgogliosi di essere parte della strategia del governo tedesco sulla finanza sostenibile come buona pratica nel campo dell’impegno con le imprese e gli Stati su questioni sociali e ambientali», spiega Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica.

«Hanno premiato l’attenzione di Shareholders for Change ai cosiddetti “temi orfani“, come la trasparenza fiscale o i rischi connessi all’estrazione di metalli rari. È stata inoltre apprezzato l’impegno della rete SfC a basare le proprie azioni su ricerche sempre nuove».

La prossima ricerca sarà dedicata all’utilizzo dei contributi pubblici, per superare la crisi indotta dalla pandemia, da parte delle grandi imprese quotate europee. Per la prima volta nella storia della rete tre membri, Etica Sgr, Friends Provident Foundation (Gran Bretagna) e fair-finance (Austria), co-finanzieranno la ricerca.

Nel corso del 2020, nonostante l’impossibilità di partecipare fisicamente alle assemblee degli azionisti a causa dell’emergenza Covid-19, i membri di SfC hanno dialogato con quasi 100 imprese, inviando domande su questioni ambientali e sociali, organizzando videoconferenze con amministratori e manager o presentando mozioni, cioè nuovi punti all’ordine del giorno, alle assemblee degli azionisti che si sono svolte a porte chiuse.

Premio Tesi di Laurea sulla Finanza Etica 2020 “Elisa Genovese”

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Ecco i vincitori del Premio Tesi di Laurea 2020 sulla Finanza Etica

 

Il Bando 2020 per la terza edizione del Premio Tesi di Laurea sulla finanza etica selezionato 24 tesi.

La commissione, composta da esperti della Fondazione, di Etica Sgr e di Banca Etica, ha deliberato per l’attribuzione del primo premio a Arnaldo Maviglia e delle due menzioni a Erica Gasperotti e Simone Gentili.

La tesi vincitrice del premio – La relazione fra il rischio sistemico e la struttura di ownership nelle banche, si è distinta per l’originalità nella scelta del tema e nella domanda di ricerca, la documentazione accurata e il rigore metodologico con cui è stata sviluppata. L’oggetto della tesi è stato ritenuto quanto mai attuale e di interesse per un movimento, quale quello della finanza etica, che fa della governance cooperativa uno dei suoi tratti distintivi. La stessa Banca Etica ha posto questo tema al centro della propria riflessione nel percorso avviato del Piano Strategico 20212-2024.

Si è aggiudicata la menzione di Erica Gasperotti  con La Teoria del Cambiamento per la valutazione dell’impatto sociale. Il caso Kilowatt Soc.Coop. Un Bilancio di 5 anni. La tesi ha ricevuto una buona valutazione per la parte teorica-compilativa e il lavoro bibliografico, tenuto conto anche della scarsità della letteratura in materia. Ha ricevuto un plauso inoltre per l’articolazione della sperimentazione e l’innovatività del percorso di ricerca.

Il lavoro di Simone GentiliAl bando le povertà. Buone pratiche per lo sviluppo di progetti di microcredito. Una comparazione tra Italia e Colombia si configura come un’analisi qualitativa della pratica del microcredito in Italia e in Colombia. Il lavoro denota un’ottima comprensione del fenomeno e si avvale di strumenti di ricerca efficaci che ben si attagliano alla tesi da suffragare.

Il premio è intitolato alla memoria di Elisa Genovese, che con la sua donazione ha reso possibile l’edizione del concorso.